Disoccupazione e tasse buttano giù la competitività dell’Italia

ROMA, 7 SET – L’Italia migliora sul fronte della competitività, ma l’inefficienza della burocrazia e le aliquote fiscali continuano a rappresentare un enorme peso, che le impedisce di emergere nella classifica del World Economic Forum, guidata ancora una volta dall’imbattibile Svizzera.

Nella graduatoria 2011-2012, infatti, l’Italia rosicchia cinque posizioni e si piazza al 43° posto, tuttavia non solo è di gran lunga l’ultima tra i Paesi del G7, ma si fa superare, come spesso accade, da Paesi dall’economia meno sviluppata come Malaysia, Estonia, Cile e Tunisia.

Non riserva sorprese nemmeno la testa della classifica: la Svizzera, grazie all’innovazione e all’efficienza del mercato del lavoro, si conferma per la terza volta consecutiva il campione del mondo ed è seguita da Singapore e Svezia, che l’anno scorso occupavano il podio a posizioni invertite. Molto davanti a noi, come detto, si collocano i Paesi del G7: gli Stati Uniti al quinto posto, la Germania al sesto, il Giappone al nono, il Regno Unito al decimo, il Canada è 12° e la Francia 18^.

A complicare la vita delle imprese italiane, secondo lo studio dell’organizzazione svizzera, sono in primo luogo l’inefficienza della burocrazia e il peso delle aliquote fiscali. Altri bastoni tra le ruote sono poi l’accesso al credito (”i mercati finanziari non sono sufficientemente sviluppati per rispondere alle esigenze”), la rigidità del mercato del lavoro che ”ostacola la creazione di occupazione”, l’inadeguatezza delle infrastrutture.

Guardando ancora più nel dettaglio le varie voci, emergono anche le difficolta’ relative all’eccesso di regolamentazione, alla criminalita’ organizzata, all’alto livello di corruzione, ma anche alla ”percezione di mancanza di indipendenza all’interno del sistema giudiziario”.

Più in generale, appare negativo tutto il capitolo relativo alle istituzioni, con particolari criticità per quanto riguarda la trasparenza delle decisioni. A salvare l’economia nazionale, ancora una volta, è invece il made in Italy: tra le voci positive, infatti, il Wef mette in evidenza ”la ricercatezza delle aziende”, che producono ”merci di alto livello nella catena del valore”, ma anche la capacita’ di innovazione e la spesa delle imprese in ricerca e sviluppo. Aiutano anche le dimensioni del mercato, il nono al mondo, che ”consente di portare avanti significative economie di scala”.

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