Lavoro, più licenziamenti e meno contratti stabili. Calabria maglia nera in Europa Lavoro, più licenziamenti e meno contratti stabili. Calabria maglia nera in Europa

Lavoro: +259mila contratti stabili, in calo sul 2016 per stop decontribuzione. Più licenziamenti, meno dimissioni

Lavoro, più licenziamenti e meno contratti stabili. Calabria maglia nera in Europa
Lavoro, più licenziamenti e meno contratti stabili. Calabria maglia nera in Europa

ROMA – Lavoro: +259mila contratti stabili, in calo sul 2016 per stop decontribuzione. Più licenziamenti, meno dimissioni. L’Inps fornisce la fotografia del lavoro in Italia dei primi due mesi del 2017: i contratti a tempo indeterminato continuano ad aumentare, sono state registrate 258.952 posizioni stabili. Aumentano nei primi del 2017 anche i licenziamenti (+3%) e contestualmente diminuiscono le dimissioni (-15,2%).

+258.952 nuovi contratti stabili. Il ritmo delle nuove stabilizzazioni (nuove assunzioni più trasformazioni) è rallentato tuttavia del 12,7% rispetto allo stesso periodo del 2016 , calo fisiologico e atteso perché nel frattempo vanno scadendo e riducendosi gli sgravi fiscali alla contribuzione previdenziale.

Ritmo nuove assunzioni in calo: effetto stop decontribuzione. Dai dati Inps emerge che dopo il boom delle assunzioni stabili registrate nel 2015 grazie soprattutto agli sgravi dei contributi previdenziali totali e l’andamento discreto del 2016 (sempre grazie agli sgravi seppur ridotti) il 2017 ha un arretramento sul fronte delle stabilizzazioni con solo il 28% dei rapporti attivati a tempo indeterminato sul totale dei contratti (era il 33% nel primo bimestre 2016).

Boeri (Inps) al Governo:  “Problemi sul lavoro, manteniamo decontribuzione”. “Ancora in Italia ci sono molti problemi di crescita economica, soprattutto per quanto riguarda il lavoro”. Lo afferma il presidente dell’Inps, Tito Boeri, commentando i dati sul calo dei contratti stabili attivati nei primi due mesi del 2017 rispetto al 2015, “anno con una fortissima decontribuzione”. “Una delle lezioni più importanti della decontribuzione – osserva Boeri – è che la domanda di lavoro reagisce molto bene alle sollecitazioni quando si riduce il cuneo. Mi chiedo allora se non valga la pena di mantenere in piedi forme di decontribuzione per i giovani, con lo Stato che paga per loro i contributi”.

Più licenziamenti, meno dimissioni. I licenziamenti totali nei primi due mesi del 2017 di lavoratori assunti a tempo indeterminato sono stati 92.254 a fronte di 89.546 licenziamenti nello stesso periodo del 2016 (+3%) con un aumento sostenuto soprattutto per i licenziamenti disciplinari (giusta causa e giustificato motivo soggettivo) cresciuti del 15,3% da 10.107 a 11.656. All’interno dei licenziamenti un vero e proprio boom per quelli disciplinari nelle aziende con più di 15 dipendenti. Proprio su questi è intervenuto a marzo del 2015 il Jobs act abolendo di fatto la possibilità, in caso di licenziamento giudicato illegittimo, per gli assunti dopo quella data di ottenere dal giudice il reintegro nel posto di lavoro.

Nei primi due mesi del 2017 i licenziamenti disciplinari nelle aziende con più di 15 dipendenti sono stati 5.347, in aumento del 30% rispetto ai 4.111 registrati nei primi due mesi del 2016 e del 64,9% se si guarda ai primi due mesi del 2015 (erano 3.241) quando non erano ancora in vigore le norme del Jobs act.

Sacconi, “licenziamenti crescono per dimissioni online”. “La crescita dei licenziamenti disciplinari segnalata dall’Inps e’ dovuta, almeno in larga parte, alle complicate procedure online necessarie per le dimissioni volontarie. La norma che le ha disposte nasce dalla patologia delle cosiddette “dimissioni in bianco”, rara sia per la persistente presenza di lavoro nero sia per la facile contestazione di una firma apposta in un tempo antecedente. Sarà necessario rivederla perché la impossibilità di far valere i “comportamenti concludenti” di chi non si fa più vivo al lavoro né risponde a sollecitazioni scritte porta al licenziamento disciplinare per evitare una ingiusta sopravvivenza del rapporto di lavoro. In questo modo il lavoratore dimissionario gode impropriamente della indennità di disoccupazione e il datore di lavoro paga ingiustamente la tassa sul licenziamento”. Lo scrive il Presidente della Commissione lavoro del Senato Maurizio Sacconi (Energie per l’Italia).

 

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