ROMA – Il Governo di Matteo Renzi sulle orme di Berlusconi, Mario Monti, Enrico Letta per fregare un’altra volta i pensionati, rimangiandosi la parola data appena un mese prima?
Preceduti dal tam tam dei portavoce volontari e senza veline dei giornali, alcuni esponenti del Governo avevano già messo le mani avanti minacciosi. Lunedì mattina, 4 maggio 2015, la conferma delle cattive intenzioni del Governo viene da un articolo di Luca Cifoni sul Messaggero di Roma, secondo il quale
“la soglia intorno alla quale modulare un diverso schema di rivalutazione delle pensioni per il biennio 2012-2013, in modo da superare la censura della Corte costituzionale [potrebbe essere quella di] cinque volte il trattamento minimo Inps, ovvero 2.342 euro lordi al mese”.
Non c’è nulla di formalizzato, avverte Luca Cifoni:
“Toccherà al Ministero del Lavoro insieme all’Inps delineare le soluzioni tecniche possibili, con la collaborazione del Tesoro cui spetta verificare gli effetti sulla spesa. Ma il tema verrà naturalmente discusso anche con Palazzo Chigi, e con tutta probabilità sarà il premier a scegliere l’opzione finale.
I vincoli da tenere presenti sono
1. quello finanziario: la botta per le casse dello Stato è forte e quindi si tenta di ridurne l’entità complessiva ed anche di renderne graduale l’impatto prevedendo eventualmente una restituzione a rate degli importi a suo tempo non corrisposti.
2. l’aspetto politico; il governo non può permettersi di dare l’idea di aggirare in qualche modo il pronunciamento dei giudici [che garantiscono a tutti gli italiani il rispetto della Costituzione] (ammesso che ciò sia possibile) per di più su una materia tanto sensibile”.
Questo secondo punto ha un aspetto implicito che Luca Cifoni non evidenzia ma che ha finora determinato il cambio di orientamento di Matteo Renzi in materia di pensioni. I pensionati votano, sono milioni di voti, molti sono voti di peso, che fanno opinione, con coniugi, vedovi, eredi fanno un esercito alle urne. Per questo Matteo Renzi, che era partito che le voleva tagliare tutte, anche quella della nonna (e in sintonia si era espresso il suo guru Yoram Gutgeld)
Matteo Renzi nemico dei pensionati. Yoram Gutgeld e Davide Serra brutti consigli ha poi cambiato rotta e ha fatto dire allo stesso Gutgeld che “le pensioni non si toccano“.
Quello che non viene in mente al Governo e quindi nemmeno a Luca Cifoni degli umori del Governo fa una cronaca onesta, è che per rimediare all’errore di Mario Monti e si vuole dare più soldi alle pensioni più modeste, che corrispondono a minori contributi versati di cui non si può fare colpa ai pensionati d’oro, c’è una strada maestra che porta a un bivio:
1. aumentare le tasse a tutti, un punto di irpef o di iva;
2. tagliare sprechi e ruberie: il Governo e i suoi sicofanti devono spiegare ai pensionati perché devono pagare, e solo loro, per le consulenze d’oro del Cnel, i grandi Eventi di Ercole Incalza, lo scialo della Sicilia.
Certamente considerazioni elettorali entreranno nei ragionamenti del Governo, costretto a bilanciare calcolo di voti e peronismo. Luca Cifoni sembra confermarlo:
“L’asticella sarà comunque spostata più in alto, in modo da garantire quei redditi bassi e medi che la Corte ha indicato come vittime di una violazione costituzionale. È possibile ad esempio che la soglia di tre volte il minimo Inps (1.405 euro lordi al mese ai valori del 2011) passi a cinque volte, ovvero 2.342 euro: al di sotto recupero pieno o quasi dell’inflazione, al di sopra rivalutazione minima o anche nulla. Ma non è l’unica opzione: il governo potrebbe rivedere anche il meccanismo di perequazione, tornando a quello per cui il taglio degli aumenti viene applicato non sull’intero trattamento pensionistico ma per fasce di reddito. In questo modo verrebbe garantita una qualche tutela anche alle pensioni più alte. Alla rivalutazione per fasce ha fatto riferimento esplicito anche la sentenza della Consulta”.
Quando il Governo Monti decise di applicare un blocco drastico all’adeguamento delle pensioni all’inflazione, avverte Luca Cifoni,
“vigeva già una loro limitazione, decisa con il decreto legge approvato dal governo Berlusconi nell’estate del 2011. Una volta cancellata la norma dichiarata incostituzionale, si tornerebbe a quello schema, che prevedeva una rivalutazione quasi totale per i trattamenti fino a cinque volte il minimo e solo al 70 per cento – per la quota di pensione al di sotto dei 1.405 euro al mese – al di sopra della stessa soglia”.
Sarà interessante l’atteggiamento di Repubblica, i cui giornalisti, alcuni anni fa, misero nero su bianco in un tatzebao che con 2 mila euro (netti) al mese si faceva la fame.