Legge Stabilità. Renzi scommette su +Pil e sconti Ue: 10 mld

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Settembre 2015 - 09:21 OLTRE 6 MESI FA
Legge di Stabilità 2016: 10 mld da più crescita e sconti Ue

Legge di Stabilità 2016: 10 mld da più crescita e sconti Ue

ROMA – La possibilità di utilizzare un tesoretto da 10 miliardi che contribuirà a finanziare il taglio delle tasse è appeso alla chance che il Governo riesca a spuntare dalla Ue anche quest’anno un po’ di flessibilità in più sui vincoli di bilancio e sulla scommessa che il Pil crescerà di un paio di decimali in più del previsto. Scommessa questa sulla quale non punterebbe l’Ocse, che sulle stime di crescita ha idee diverse, meno ottimiste: per l’Ocse non si andrà oltre l’1,3%, perfino meno dell’1,5% della previsione di giugno. Per quest’anno lo 0,7% era, 0,7% rimane, sempre secondo l’Ocse.

Più crescita. Il 2015 si chiuderà con una crescita dello 0,9% e – forse anche per questo – la manovra 2016 lieviterà dai 25 miliardi ufficialmente annunciati finora a 27 miliardi di euro. E per questo anche la crescita del 2016 sarà rivista leggermente al rialzo rispetto all’1,4%. Il che significa più margine di spesa per le misure economiche del prossimo anno.

Pur mantenendo ampiamente il deficit sotto il 3% e progredendo nel percorso di riduzione del debito, vero tallone d’Achille del nostro Paese che il governo ha sempre ben presente quando si presenta a trattare con l’Europa, una crescita maggiore del Pil fa infatti automaticamente diminuire proprio i due parametri di bilancio essenziali: deficit/Pil e debito/Pil.

Sconto Ue. In più, grazie alla flessibilità concessa dall’Unione europea su riforme e investimenti, gli spazi potrebbero aumentare ancora. Teoricamente, ha spiegato Renzi, le risorse liberate dalle due clausole ammontano all’1% del Pil di ciascun Paese (in Italia circa 17 miliardi), ma Roma, ha puntualizzato il presidente del Consiglio, non le userà tutte. Quelle certe, al momento, ammontano infatti allo 0,4% del Pil (6 miliardi) accordati per il 2016 da Bruxelles lo scorso anno.

Un “premio” per aver avviato le riforme strutturali. La prosecuzione sulla stessa strada vale un altro 0,1% (1,6 miliardi circa), cui si può aggiungere un altro teorico 0,5% legato agli investimenti. Ma se e quanto il governo riuscirà ad ottenere dipenderà dalla partita che verrà giocata con la Commissione. Partita già iniziata a livello informale e di cui potremo ufficialmente sapere l’esito dal 15 ottobre.

Spending review e rientro capitali. Al di là della flessibilità europea, le coperture, ha spiegato contemporaneamente il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, arriveranno da spending review, revisione delle tax expenditures, maggiori entrate fiscali legate al miglior andamento dell’economia e da qualche misura una tantum (come potrebbero essere ad esempio gli incassi della voluntary disclosure, i cui termini saranno rinviati di un mese, cioè fino al 30 ottobre).

Sanità, -3 mld: non taglio ma mancato aumento previsto. Ma non è affatto escluso un intervento sulla sanità, un settore in cui, ha sottolineato il titolare del Tesoro, si può spendere “meno e meglio”. Renzi non si è sbilanciato ma il premier un’indicazione l’ha data comunque: “male che vada – ha spiegato – in legge di stabilità ci saranno le stesse cifre di quest’anno”. Non proprio un taglio ma un mancato aumento, visto che il patto per la salute prevede invece un incremento della spesa sanitaria di tre miliardi tra 2015 e 2016.

La manovra non conterrà alcun intervento sulla flessibilità in uscita per le pensioni mentre ancora nulla di deciso resta sul possibile anticipo del taglio dell’Ires per il Sud. Padoan ha ribadito la linea fondamentale del governo, quella cioè di evitare il più possibile misure ad hoc, pensando piuttosto all’implementazione efficace delle riforme e all’impulso agli investimenti pubblici in infrastrutture.

“Ci sono molte misure alternative all’Ires per il sostegno alle imprese, le risorse sono limitate”, ha spiegato. Per il momento l’appuntamento con l’Ires resta dunque il 2017 quando arriverà, secondo Renzi, una nuova imposta: la “digital tax”, nuova versione della Google tax, “che vada a colpire con meccanismi diversi, per far pagare tasse nei luoghi in cui sono fatte transazioni e accordi”.