Letta, 29 maggio test deficit per uscire dalla “libertà vigilata” sui conti

ROMA – Letta, 29 maggio test deficit per uscire dalla “libertà vigilata” sui conti. Tutto ruota intorno a una data: il 29 maggio 2013 doveva essere, negli auspici italiani e secondo le rassicurazioni del commissario Barroso, il giorno in cui finalmente l’Italia sarebbe uscita dalla procedure d’infrazione, la misura cautelare impostaci dall’Europa per aver sforato i conti. Il reato era l’eccesso di defict, la pena la ricevette nel 2009 il governo Berlusconi. Eurostat, proprio oggi, ha certificato che il deficit nei prossimi due anni sarà sotto la soglia limite del 3% nel rapporto con il Pil: 2,9% nel 2013, 2,5% nel 2014. E’ la dote di credibilità pagata con rigore e austerity negli ultimi due anni, l’eredità del governo Monti.

Eredità che racconta gli sforzi e le manovre lacrime e sangue pur di raggiungere gli obiettivi di bilancio: ora il nuovo obiettivo del governo appena nato è quello di rilanciare la crescita (la cosiddetta fase 2 di Monti non partì mai davvero), riducendo le tasse ma senza sfasciare i conti pubblici, quindi trattando con la stessa Europa margini di manovra (dilazioni, sforamenti programmati e giustificati da investimenti produttivi, ecc..) all’interno dei vincoli di bilancio.

Il problema, come al solito, è la fiducia: europei del nord guidati dalla Germania non si fidano (anche per motivi elettorali), l’instabilità politica italiana sanata dal governo delle larghe intese non raccoglie i massimi suffragi in fatto di affidabilità e rispetto degli impegni. E infatti, quando dall’Europa hanno ascoltato il discorso di Letta il giorno della fiducia, le antenne dei nostri detrattori si sono drizzate immediatamente: su tasse e lavoro il neo presidente del Consiglio ha fatto promesse (invero deliberatamente vaghe quanto a numeri e coperture) quantificabili tra i 7 e i 12 miliardi di euro di maggiore spesa

Ad Enrico Letta restano circa tre settimane per giocarsi la partita. L’ideale, secondo i voti del presidente del Consiglio e del ministro dell’Economia Saccomanni, è non dare l’immagine di aver mollato sul rigore, non offrire pretesti ai partner europei per negarci l’uscita dalla procedura d’infrazione. Il dibattito (“morboso” lo ha chiamato Monti) innescato sull‘Imu (abolizione, restituzione della tassa 2012, congelamento) va nella direzione opposta.   I dati positivi di Eurostat sono una buona base di partenza, ma senza gioco di squadra sarà difficile convincere Merkel ad allentare i vincoli, proprio ora che deve contrastare sul fronte interno gli euroscettici.

Fino a settembre la Germania è in campagna elettorale, inutile sperare dai tedeschi aperture di credito o sostegno (anche il taglio dei tassi di Draghi alla Bce è venuto a maggioranza e non è difficile intuire chi abbia votato contro). Occorre, invece, da parte nostra, stare coperti e allineati. Forse anche muti o limitare al massimo le esternazioni di partito che strizzino l’occhio ai propri elettori. E non percorrere politiche di sviluppo in deficit: per questo Saccomanni sta rivedendo tutto il capitolo dei 30 miliardi destinati alle imprese a fondo perduto come incentivi e dal quale potrebbe attingere risorse importanti da spendere con maggiore selettività.

In soldoni: misure come lo smobilizzo del debito occulto, ovvero la restituzione parziale dei crediti commerciali alle imprese (40/50 miliardi, una tantum) vanno bene perché immettono liquidità in un sistema anemico, togliere la tassa sulla abitazione principale è incomprensibile a un’Europa dove quella tassa ce l’hanno tuttiIl 22 maggio Letta sarà a Bruxelles al suo primo vertice europeo: è quello il momento giusto per presentare un piano di riforme credibile che non pregiudichi l’uscita dalla procedura d’infrazione e rassicuri l’Europa. L’esito positivo, da quasi sicuro è diventato prima probabile poi più incerto in ragione degli annunci italiani.

Fuori dalla procedura di infrazione.

Promossi. Il 29 maggio liberi dall’infrazione, saremmo più più solidi come affidabilità (e lo spread potrebbe continuare a scendere liberando ulteriori risorse), più forti a livello contrattuale per ottenere un più ampio margine di flessibilità da parte di Bruxelles.

Rimandati. Esito interlocutorio/negativo, se il piano non fosse convincente e la decisione sull’uscita dall’infrazione fosse spostata a  ridosso dell’estate, in attesa di capire come è andata a finire con l’Imu e avendo a disposizione il decreto apposito e i conti vergati sulla manovra che necessariamente, a luglio, dovrà indicare la copertura finanziaria al provvedimento e le altre spese programmate.

Bocciati. Terzo scenario, ultra negativo, l’Italia non esce dall’Edp (procedura d’infrazione per eccesso di deficit) e resta nel girone dei dannati non in grado di far fronte ai propri debiti.

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie