Libertà d’impresa, nella bozza del ddl meno regole e meno controlli

Non ci si può “illudere” che “tutto possa continuare come prima” visto che c’è ora la competizione globale. Bisogna superare le “troppe regole” e “dobbiamo o possiamo, per salire, scaricare una parte della zavorra”. E’ quanto si legge nella relazione che accompagna il disegno di legge cosituzionale sulla libertà di impresa, anticipato dall’ANSA, che arriverà venerdì in Cdm.

Per aprire un’impresa arriva la “responsabilità personale”. E’ quanto prevede il primo dei 4 commi in cui si articola il ddl costituzionale sulla libertà di impresa che venerdì 18 sarà all’esame del Consiglio dei ministri.

La bozza del ddl  non modifica gli articoli 41 e 118 della Costituzione ma aggiunge misure per la semplificazione del percorso necessario ad aprire un’impresa. Gli interventi “regolatori” di Stato, regioni, enti locali che riguardano le attività economiche arriveranno, ma solo “ex post”, cioè dopo che l’impresa è già stata avviata.

L’articolo 41 della Costituzione verrà così integrato: “La Repubblica promuove il valore della responsabilità personale in materia di attività economica non finanziaria. Gli interventi regolatori dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali che riguardano le attività economiche e sociali si informano al controllo ex post”.

All’articolo 118 della Carta viene invece aggiunto: “Stato, Regioni ed Enti locali riconoscono l’Istituto della segnalazione di inizio attività e quello della auto certificazione, lo estendono necessariamente a tutte le ipotesi in cui è ragionevolmente applicabile, con esclusione degli ambiti normativi ove le leggi prevedono fattispecie di delitto o che derivano direttamente dalla attuazione delle normative comunitarie o internazionali”.

Per quanto riguarda la ‘materia urbanistica’ il ddl prevede che Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge “provvedono anche ad adeguare le proprie normative in modo che le restrizioni del diritto di iniziativa economica siano limitate allo stretto necessario per salvaguardare altri valori istituzionali”.

Stato, regioni, Province e Comuni, entro 3 mesi dall’entrata in vigore pubblicheranno degli elenchi di “casi” di imprese che rientrano in questa possibilità. In caso di mancata pubblicazione sarà fatta salva “la buona fede di chi ha intrapreso un’attività economica e sociale”.

La relazione al ddl, in tutto 11 pagine, è corredata da una serie di grafici che dimostrano quanto il nostro Paese sia decisamente indietro sui tempi necessari ad aprire un’impresa e sul ‘peso’ burocratico che i potenziali imprenditori devono sostenere.

“Le regole giuste sono un investimento – così parte la relazione – Le regole sbagliate sono un costo. Le regole possono essere sbagliate in sé. Ma possono essere sbagliate anche perché sono troppe. Il mondo è radicalmente cambiato con la globalizzazione. La competizione, non solo tra imprese ma tra interi sistemi, fa ormai parte della realtà. In linea di principio si può essere a favore o contro la competizione economica globale.

“Ma in concreto non si può fare finta che non ci sia, illudersi che tutto possa continuare come prima. Nello scenario globale l’Italia ha davanti a se l’alternativa tra declino e sviluppo. Se si vuole il declino basta lasciare le cose come stanno, se invece si vuole lo sviluppo si deve cambiare, scambiando una parte di quello che abbiamo accumulato con un futuro che può essere conquistato”.

E per conquistarlo “dobbiamo o possiamo scaricare una parte della zavorra”. I grafici proposti nella relazione dimostrano la “bulimia giuridica”, il numero di adempimenti, le possibilità di “fare impresa” nei singoli paesi. Insomma “l’Italia è esclusa dai primi 30 posti della classifica dei paesi dove è più conveniente investire”. La strategia legislativa che il governo intende eseguire dunque è: una legge ordinaria con la segnalazione di inizio attività e lo sportello unico e una seconda fase che darà “copertura costituzionale e definitiva al principio di responsabilità”.

“Alla obiezione – si legge ancora sulla relazione – sui tempi lunghi della legge costituzionale si può rispondere ricordando che la legge costituzionale istitutiva della Bicamerale D’Alema è stata approvata in 4 mesi, agosto compreso”. La relazione diventa ‘appassionata’ quando si parla della necessità di semplificare: “Occorre prendere atto del fatto che il nodo di Gordio, la metafora millenaria della semplificazione, non si scioglie ma si taglia con un colpo di spada”. Colpo che serve a recidere anche “un nuovo Medioevo” che senza semplificazione si rischia di creare”.

Insomma – si scrive nella relazione – “il Medioevo vero è finito come Medioevo. Ma il nuovo Medioevo che ci si presenta come la caricatura giuridico democratica di quello precedente, ci porta a una dolce morte”. Si guardi piuttosto alla “capacità di concorrere al bene comune”. Ecco perché si è deciso di “potenziare” l’articolo 41 della Costituzione

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