Sei sono i casi che permettono, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza, al cliente di mangiare gratis al ristorante.
Mangiare è un diritto, digerire è un dovere, diceva lo scrittore italiano Marcello Marchesi. E tra le cose più pesanti da digerire, quando si tratta di alimentazione, ci sono i conti dei ristoranti. Capita spesso di leggere notizie relative a clienti indignati per il costo di una cena al ristorante. Con l’avvento dei social si è diffusa anche la denuncia dello scontrino: scontenti del trattamento economico ricevuto, i clienti fotografano la ricevuta di pagamento per far notare al popolo del web l’ingiustizia.
In altri casi, non è solo il prezzo a sconvolgere i clienti. Le recensioni dei ristoranti sono pieni di proteste per cibo scadente, servizio perfettibili, atmosfera ingestibili e altri problemi che rendono il pasto al ristorante una specie di incubo. Ma la criticità principale, ovviamente, è di matrice economica. Chi va a mangiare al ristorante si aspetta uno standard qualitativo almeno decente: si paga per quello. Altrimenti che pagare a fare? Meglio starsene a casa propria e aprire una scatoletta di tonno.
Tutti coloro che hanno avuto brutte esperienze con la ristorazione saranno dunque felici di sapere che, secondo la legge italiana, è possibile mangiare gratis al ristorante. Ci sono sei diverse fattispecie previste dalla normativa. In realtà non si fa riferimento a una legge italiana precisa: non c’è nessuna norma ad hoc che disciplina i diritti dei consumatori nei ristoranti. Ci sono però diverse normative generali che possono essere applicate al contesto generale.
Per esempio, il Codice del Consumo introdotto dal Decreto Legislativo del settembre 2005, n. 206, tutela i diritti dei consumatori in vari ambiti, compreso quello della ristorazione. In più, il Codice Civile italiano prevede che il contratto di ristorazione sia regolato dalle norme generali che valgono per i patti commerciali, che includono il diritto del consumatore di ricevere un servizio conforme a quanto promesso. E questo è uno dei punti chiave.
Il primo caso previsto dalla legge che permette al consumatore di non pagare il conto è la mancanza del listino prezzi. Se il ristorante non indica i prezzi delle pietanze, delle bevande e del coperto, il cliente ha il diritto di contestare il pagamento. Ci sono alcune sentente che danno ragione al cliente che si è rifiutato di pagare di fronte a un conto su cui non si era potuto orientare preventivamente.
Si può mangiare gratis al ristorante anche se le pietanze portate a tavola sono diverse da quelle presentate sul menù. La terza via che permette di evitare il conto è l’aver subito un servizio scadente. Quindi, anche se il servizio è particolarmente scadente, il cliente può contestare il pagamento: è il caso della mosca nella minestra.
C’è poi la casistica che riguarda il pagamento differito. In alcuni casi, il cliente può chiedere di pagare in un secondo momento, a esempio se si accorge di non avere denaro sufficiente al momento. In simili situazioni, però, il conto è solo rimandato. Quinto caso: se al momento di pagare il conto, il ristorante non accetta carta o bancomat (che da qualche anno sono obbligatori), il cliente non può in alcun modo essere trattenuto.
Chi trattiene un cliente con la forza commette un grave reato: il sequestro di persona. Per questo il consumatore è libero di andarsene. Anche stavolta, però, dovrà tornare per saldare il sospeso. E dovrà farlo il prima possibile. Magari il tempo di trovare uno sportello per prelevare.
L’ultimo caso è legato alla consuetudine e alla moralità: se un indigente si presenta al ristorante chiedendo di mangiare, il ristoratore dovrebbe procurargli qualcosa. Certo, non ci sono leggi che lo impongono, ma la coscienza dovrebbe essere un vincolo abbastanza forte.