Solo piccoli aggiustamenti in arrivo sul sistema previdenziale con la manovra di bilancio: il provvedimento, secondo quanto chiarito con il Documento programmatico di bilancio presentato a Bruxelles, proroga per il 2025 gli interventi di flessibilità quali Ape sociale, Quota 103 e Opzione donna nelle modalità del 2024 che avevano introdotto una stretta sui requisiti rispetto agli anni precedenti.
Ma arrivano anche misure per favorire la permanenza al lavoro. “Introduciamo un innovativo meccanismo di incentivazione alla permanenza in servizio su base volontaria” – ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – con “un incentivo significativo sul fronte fiscale”. E’ prevista anche la possibilità per i dipendenti pubblici di restare al lavoro dopo i 65 anni pur avendo raggiunto i requisiti per la pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne).
Arriva la piena indicizzazione
Arriva poi una piena indicizzazione delle pensioni che manda in pensione il meccanismo di sterilizzazione che era in vigore e non c’è più e che per le minime conferma l’incremento fissato per il 2023 e il 2024 che ha portato all’inizio di quest’anno questi assegni a 614,77 euro e andando oltre l’inflazione ( l’acquisita per l’anno era all’1% a settembre).
E’ possibile anche che si arrivi a 630 euro ma potrebbero esserci delle limitazioni sull’età come avvenuto nel 2023. Dovrebbero inoltre esserci agevolazioni fiscali per chi resta al lavoro pur avendo i requisiti per Quota 103 chiedendo di avere versati in busta paga i contributi a carico del lavoratore.
Disincentivi all’uscita anticipata
Le misure sulle pensioni, secondo quanto si legge nel Documento di bilancio, dovrebbero costare lo 0,022% del Pil, circa 460 milioni, nel 2025 e lo 0,018% nel 2026. Per Quota 103 le risorse saranno minime dato che le richieste per l’accesso alla pensione con la misura che prevede l’uscita dal lavoro con 62 anni di età e 41 di contributi sono crollate con l’introduzione del calcolo totalmente contributivo per l’assegno.
Un ulteriore freno a questa scelta è legato al tetto per l’assegno fissato sulle quattro volte il trattamento minimo di quest’anno (2.394 euro lordi al mese) che si può percepire fino all’arrivo all’età di vecchiaia. Inoltre la scelta è sempre meno conveniente perché con l’allungamento delle finestre deciso l’anno scorso (da tre a sette mesi per il privato, da sette a nove per il pubblico) di fatto la differenza sui tempi diventa minima, soprattutto per le donne rispetto all’uscita con la pensione anticipata indipendente dall’età.
Più costoso dovrebbe essere invece l’intervento sulle pensioni minime se non si introdurrà un limite come quello dell’età perché si tratta di quasi 1,8 milioni di assegni.