Marchionne: “Bisogna chiudere Termini Imerese”

«Sono agnostico sugli incentivi: il governo faccia la sua scelta e noi la accetteremo senza drammi. Ma abbiamo bisogno di decisioni in tempi brevi e di uscire dall’incertezza, poi saremo in grado di gestire il mercato e la situazione qualunque essa sia». È quanto afferma in un’intervista alla Stampa, l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che chiarisce come, da parte di Fiat, non ci sia “nessun ricatto”.

«Io voglio il dialogo», aggiunge. Sugli incentivi Marchionne spiega: «Sono necessarie certezze. È importante che il governo ora decida se ci sono le condizioni per dare gli incentivi o no» ma «è chiaro che sono una misura temporanea». Il manager Fiat aggiunge poi che si deve “chiudere” lo stabilimento di Termini Imerese. «Non si può produrre in perdita – afferma – ma siamo pronti a farci carico, insieme col governo, dei costi sociali di questa scelta». «Abbiamo rimesso in piedi la Fiat – rivendica – ma se ora non interveniamo per risolvere i problemi strutturali derivanti dalla crisi rischiamo di rovinare tutto e giocarci il futuro». Per questo Marchionne invita a considerare che «oggi abbiamo dodicimila persone in più che lavorano nel gruppo rispetto al 2004. Si parla di Termini Imerese – aggiunge – ma ci si dimentica di Bertone e dei suoi 1.100 dipendenti». D’altronde, fa notare l’amministratore delegato Fiat, «il mercato dell’auto in Europa scenderà quest’anno tra il 12 e il 16%, che significa tra un milione e mezzo e due milioni di macchine».

Ma, assicura, Fiat «punta sul rafforzamento della produzione in Italia» e non ci sono pericoli di distrazione o decentramento decisionale ora che c’è Chrysler: «Mirafiori continuerà ad essere il centro dell’auto». Alle critiche sugli aiuti pubblici ricevuti dal Lingotto, Marchionne risponde con i numeri: «Fiat dal 2004 al 2009 ha investito nel mondo 25 miliardi di euro, sedici dei quali in Italia con agevolazioni statali pari al 3,8%». Infine, il manager dedica un accenno ai rapporti con gli azionisti: «Il rapporto è perfetto: c’è assoluto allineamento tra noi, le scelte strategiche sono condivise».

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