I sindacati Usa costringono Marchionne alla firma: ma Uaw non è la Cgil

Bob King e Sergio Marchionne

DETROIT – Sergio Marchionne si avvia a firmare con i sindacati un nuovo accordo contrattuale: ma a Detroit, non a Torino, per conto di Chrysler, non di Fiat, insieme alla Uaw e non alla Cgil. I negoziati tra Chrysler e la Union Auto Workers sono alle battute finali. Tutto lascia pensare che l’intesa verrà definita già entro domani (12 ottobre), mentre potrebbe essere ratificata dal voto dei dipendenti entro la settimana lavorativa. Il contratto attuale è scaduto il 14 settembre scorso, ma le parti avevano concordato una proroga fino al 19 ottobre per consentire la ricerca di un compromesso e scongiurare la possibilità di arrendersi a un arbitrato, evenienza mai accaduta nel settore auto.

Bob King, il leader del sindacato, ha già convocato i rappresentanti sindacali locali per un briefing che abitualmente viene annunciato per illustrare le intese di massima già raggiunte. King, che rappresenta in Chrysler 26 mila lavoratori, aveva congelato la firma del contratto a settembre, quando non si presentò all’appuntamento con Marchionne, prima sicuro di avere l’accordo in tasca e poi arrabbiatissimo per lo sgarbo subito. Ma, negli Usa, non esiste una Confindustria da poter abbandonare su due piedi, o un sindacato da poter umiliare dopo che gli aveva lasciato carta bianca e piena fiducia al buio.

King ha fatto penare Marchionne per ottenere una firma: prima ha concluso gli accordi di Uaw con General Motors e Ford, poi ha fatto aspettare Chrysler, forte dei risultati raggiunti con le due compagnie maggiori. Con Ford, il contratto migliore, la Uaw ha ottenuto premi di 5 mila dollari, aumento del salario d’ingresso, investimenti in America. Oltre al riconoscimento di una rinnovata e più forte azione sindacale, a difesa anche di tutte quelle maestranze straniere presenti nelle fabbriche Usa. Marchionne, che si mostrava offeso, che esigeva rispetto, ha dovuto accettare l’agenda impostagli da King e soprattutto sedersi al tavolo per bere fino in fondo l’indigesta pozione chiamata vertenza. Lui vuole guadagnare flessibilità e contenere bonus straordinari. King, al contrario, vuole che i sacrifici fatti per salvare l’azienda e per il rilancio del settore auto, vengano quantificati: tradotto, maggiori benefits, aumenti salariali di due dollari l’ora per i neo-assunti, una qualche forma di condivisone dei profitti eventuali. Uaw non sciopera, ed è una garanzia per Marchionne, ma questa disponibilità ha un costo. E’ il normale svolgersi di una trattativa, chi ha più filo da tessere, cuce l’abito che veste meglio.

In Italia, solo dopo lo svelamento del disegno di progressivo allontanamento della Fiat da Torino, il sostanziale bluff di Fabbrica Italia, l’uscita da Confindustria, l’opposizione sindacale alla linea Marchionne si è fatta sentire. La Fiom ha indetto uno sciopero per il 21 ottobre prossimo, ma per troppo tempo è stata lasciata sola nella battaglia. Balbettante il resto della Cgil, a braccia conserte il Pd se non per  applaudire il guru in maglione blu, la Fiom è rimasta sempre più isolata e costretta nel recinto difensivo e inevitabilmente più massimalista. Vuoi produrre di più e meglio, vuoi una produzione a ciclo continuo garantita? Giusto, ma il ringraziamento lo voglio in busta paga. Come Bob King ha preteso e ottenuto a Detroit. Qualcuno a Torino ha ottenuto chiarezza sugli investimenti Fiat in Italia?

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