ROMA – Metà Tfr in busta paga. Padoan conferma che la priorità non è il debito. La priorità del Governo è la crescita, attrarre investimenti privati, rilanciare i consumi iniziando con mettere più soldi nelle singole buste paga, per esempio la metà di quanto ogni mese viene accantonato per la liquidazione del lavoratore.
Lo ribadisce il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che in una intervista a Repubblica si rivolge direttamente a Unione Europea e Bce: su deficit e debito abbiamo fatto i compiti, ma senza un rilancio dei consumi e del Pil anche le riforme non bastano. “La legge di Stabilità tiene conto del fatto che il quadro macroeconomico è deteriorato. Questo rende più difficile rispettare i vincoli di finanza pubblica. La manovra di bilancio parte da questo presupposto. Il secondo presupposto è che il 3% non viene valicato. Il governo sta facendo uno sforzo basato su tre pilastri: le riforme strutturali e in particolare quella del lavoro, che è cruciale; un risanamento favorevole alla crescita, cioè misure volte ad abbattere i costi per le imprese derivanti dal cuneo fiscale sul lavoro, tramite tagli di spesa; un sostegno agli investimenti soprattutto privati”.
Tra le misure allo studio prioritario è dunque il sostegno ai salari dei lavoratori dipendenti. Per questo viene rispolverata l’idea di trasferire subito metà della liquidazione nella busta paga del lavoratore e l’altra metà alle imprese (non è un’idea inedita, l’ultimo a proporla il segretario Fiom Landini). Secondo gli auspici del Governo aumentare il potere di acquisto dei lavoratori aiuta consumi e crescita ha un costo abbordabile, perché il maggior un esborso che riduce il gettito e ingrossa il debito, è compensabile però con maggior gettito Iva.
Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore metà della quota del Tfr “maturando” accantonata mensilmente dal datore di lavoro potrebbe essere erogata direttamente al lavoratore, magari in unica soluzione annuale, e non più al termine della sua vita lavorativa. La scelta spetterebbe comunque al dipendente. Non solo. Il dossier su cui si starebbe lavorando per la messa a punto della legge di stabilità, che il Governo punta a varare il prossimo 10 ottobre, prevederebbe anche la possibilità per le imprese di mantenere una fetta pari al 50% delle liquidazioni. (Marco Mobili e Marco Rogari, Sole 24 Ore)
Dal momento che le aziende fino a 50 dipendenti trattengono oggi integralmente il Tfr e lo usano come preziosa fonte di finanziamento (anche per le note difficoltà ad accedere al credito) l’eventuale suo trasferimento porrebbe un serio problema di compensazioni per le aziende stesse e di rimodulazione delle attese nel gettito fiscale. Una soluzione è quella del mantenimento delle meccanismo di agevolazione fiscale previsto per il trasferimento del Tfr ai fondi pensione. In alternativa un dispositivo che agevoli l’accesso al credito per il flusso di Tfr da trasferire in busta paga, magari attraverso la Cassa Depositi e Prestiti.
Altro tema delicato resta la copertura dell’intero intervento soprattutto sul fronte dell’accelerazione dell’esborso di cassa cui dovrebbe far fronte lo Stato con una ricaduta negativa sull’indebitamento. Ci sono poi da affrontare la possibile esclusione degli statali, almeno in prima battuta, e il prelievo fiscale sulle quote di Tfr erogate con lo stipendio o con una sorta di nuova “quattordicesima”. Una cosa è subire una ritenuta di acconto e un’altra è tassare il Tfr con l’aliquota marginale Irpef (anche fino al 43%). (Marco Mobili e Marco Rogari, Sole 24 Ore)
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