La crisi incombe, Luca Montezemolo avverte: “L’industria sta arretrando, serve un gioco di squadra”. E ribadisce: “Due anni fa dissi: l’auto italiana non esiste più. Oggi lo vedono tutti. La produzione cala ogni anno. Siamo a meno di 400.000 auto contro un milione e passa di qualche anno fa. Abbiamo visto la più grande casa italiana produrre in Polonia uno dei suoi modelli di punta, quando qui si mettevano i lavoratori in cassa integrazione”.
Di chi la responsabilità? chiede Sandro Neri per il Quotidiano Nazionale. La risposta è senza dubbi: “Di Stellantis, priva di un vero progetto industriale, e con migliaia di lavoratori che rischiano il posto di lavoro. Si è sentito un silenzio assordante da parte del mondo sindacale fino a poche settimane fa e anche da parte della politica in generale e in particolare di chi dovrebbe per definizione difendere i più vulnerabili, con l’unica eccezione di Carlo Calenda e Azione.
Montezemolo e la crisi
“Sono veramente triste e preoccupato della situazione e di questa lenta e inesorabile deindustrializzazione del Paese che non ha più nemmeno un’azienda elettronica dopo la vendita di Magneti Marelli. Auspico uno sforzo del governo per spingere a un gioco di squadra di tutti gli attori in campo. Bisogna attrarre i produttori stranieri in Italia. È incredibile che Romania, Spagna, Belgio producano più auto di noi”.
Che ricordo ha di Carlos Tavares? insinua l’intervistatore.
“L’ho incontrato alla Renault. Un manager molto competente e un po’ dispotico. Ma non è riuscito a invertire la rotta. Mi è sembrato un padre padrone evidentemente supportato dalla proprietà”.
L’intervista si sposta su altri temi. Ci crede davvero e lo ripete spesso: “Nella vita è fondamentale avere sogni da realizzare”. Lui ce l’ha fatta: “Con la Ferrari ho vinto 19 Campionati del mondo”. E ha vinto sfide anche al di fuori della Formula 1. “Il varo di Italo è stata la più grande operazione di liberalizzazione nel Paese dei monopoli”, dice Luca Cordero di Montezemolo che ha appena aggiunto un altro mattoncino alla prima linea ferroviaria privata d’Europa nell’Alta velocità: l’Italo Lounge della stazione di Bologna, “svincolo importantissimo del trasporto su rotaia”.
La scelta di Italo
Luca Cordero di Montezemolo, 77 anni, è presidente di Italo, riconda Sandro Neri. Italo è sui binari da 12 anni. Un bilancio della sua attività fino a oggi?
“Italo ha dato la possibilità agli utenti del trasporto ferroviario in Italia, per la prima volta, di poter scegliere. E rompendo il regime monopolistico ha portato a un calo medio del prezzo dei biglietti del 40 per cento. Oltre che a un miglioramento complessivo dell’intera rete e del servizio ferroviario lungo la penisola”.
La società di cui lei è presidente è ora parte della galassia Msc: quali le sfide future che aspettano Italo?
“Avere come azionista di maggioranza un Gruppo così forte e internazionale è motivo di grande soddisfazione e di ottimismo verso il futuro. Si sta realizzando un polo dell’intermodalità (nave, treno e bus) molto importante per il Paese, che permetterà di collegare i grandi centri e i porti italiani alle cittadine di provincia e alle località turistiche. E credo che si potranno creare importanti opportunità di sviluppo e di sinergie anche con il Gruppo Fs a totale vantaggio dei viaggiatori”.
Giulio Andreotti diceva: “I matti si dividono in due categorie, quelli che si credono Napoleone e quelli che vogliono risanare le ferrovie”. C’è stata follia nel creare Italo?
“È stata una scelta coraggiosa e rischiosa, condivisa da un gruppo di imprenditori lungimiranti come Diego Della Valle, Gianni Punzo e Giuseppe Sciarrone, tutti slegati, come business, dalle società pubbliche. Poi sono arrivate Intesa Sanpaolo e Generali. Per partire abbiamo speso 900 milioni di euro solo per ordinare i treni. Senza contare gli investimenti in formazione, in primis dei macchinisti.
“Abbiamo staccato il primo biglietto molto tempo dopo quelle spese, oggi abbiamo 1.200 persone assunte a tempo indeterminato, il 50 per cento delle quali donne e molte dell’età di 32-33 anni. Certo all’inizio abbiamo avuto momenti difficili. Tutti parlano della necessità di abbattere i monopoli, finché qualcuno non ci prova davvero”.
Segue ancora la Ferrari?
“Moltissimo, anche se non è più la mia Ferrari spero che torni ai massimi livelli e a vincere il campionato del mondo piloti. Guardo tutti i Gp. Li guardo e soffro. Un’inguaribile passione. La vita non è solo razionalità, no?”.
Quanto tempo lavora al giorno?
“Troppo. Vado a letto presto la sera e mi alzo prestissimo. Devo sempre pensare a qualcosa di nuovo. Per fortuna c’è mio figlio Matteo che mi aiuta”.
Il tempo libero?
“Quasi sempre a Pianoro, in Emilia, nell’azienda agricola fondata da mio nonno. Produciamo olio, pane, pasta fresca e alleviamo mucche Angus. Credo nel valore della terra e del cibo sano. Vorrei investire su questo”.