Mps, ancora scontro: assemblea senza quorum. Lavori slittano al 28/12

Mps, ancora scontro: assemblea senza quorum. Lavori slittano al 28/12
Il presidente Mps Alessandro Profumo (foto LaPresse)

SIENA – Il quorum non c’è. All’assemblea del Montepaschi di Siena, quella decisiva per varare il maxi aumento di capitale a gennaio o spostare il tutto a maggio, in prima convocazione si è presentato soltanto il 49.33% del capitale sociale. Per rendere valida la riunione ne serviva il 50.01%.

Al presidente Alessandro Profumo, che sulla necessità di varare subito l’aumento di capitale si è fortemente sbilanciato non è rimasto che prendere atto dei numeri e rinviare  i lavori della riunione in seconda convocazione. L’assemblea tornerà a riunirsi domani 28 dicembre quando basterà un terzo del capitale e quindi basterebbe la sola presenza della Fondazione Mps titolare del 33,5% del capitale.

Se il 28 dicembre l’ente non dovesse presentarsi e quindi non si dovesse raggiungere il quorum allora si andrà in terza convocazione (lunedì prossimo) dove sarà necessario 1/5 del capitale sociale.

A osservare con grande attenzione quanto sta accadendo a Siena è il ministero dell’Economia che oltre ad essere l’organo di vigilanza della Fondazione è anche uno dei protagonisti del piano di salvataggio concordato con la Commissione europea. Proprio Bruxelles, infatti, ha ottenuto grazie all’intervento di Via XX settembre l’impegno della banca a ricapitalizzarsi entro la fine del 2014 in modo da rimborsare il 70% degli aiuti di Stato (Monti-Bond). Condizione che se non si dovesse verificare costringerebbe la banca ad essere nazionalizzata per effetto della conversione degli strumenti finanziari del Tesoro in azioni dell’istituto.

Alla luce di questo scenario, quindi, gli azionisti sono chiamati a decidere in merito alla tempistica della ricapitalizzazione. Con la banca di Profumo che ha già rappresentato alla Fondazione tutti i rischi che comporterebbe un rinvio dell’aumento, non da ultimo l’ipotesi di dimissioni del consiglio d’amministrazione.

L’ente presieduto da Antonella Mansi, dal canto suo, è consapevole che dire ”sì” in assemblea significherebbe polverizzare il patrimonio di Palazzo Sansedoni, non più in grado di sostenere finanziariamente la banca. Proprio per questo l’ente vorrebbe rinviare l’operazione a maggio in modo da avere più tempo a disposizione per vendere le proprie quote a un nuovo azionista. Dismissione in cui la banca crede poco e soprattutto mette a rischio la formazione di un nuovo consorzio di garanzia per l’aumento da 3 miliardi. Per queste ragioni nelle retrovie più soggetti sono scesi in campo, per trovare una soluzione di sistema che consenta, da una parte, alla banca di rispettare le tempistiche imposte da Bruxelles e, dall’altra, di far sopravvivere la Fondazione.

Tra questi le fondazioni Cariplo e CariVerona che nei giorni scorsi stavano valutando uno scambio delle loro azioni in Intesa Sanpaolo e UniCredit con quelle di Palazzo Sansedoni. Ipotesi che però sarebbe tramontata lasciando ipotizzare l’intervento della Cassa depositi e prestiti. Allo stato attuale però nessuna decisione sarebbe stata ancora presa e salvo un blitz all’ultimo minuto lo scenario che prende piede è quello di una vittoria della Mansi. Un successo che sarebbe però soltanto parziale visto che potrebbe comportare forti scossoni sulla governance della banca e, quindi, in Borsa. Il tutto con il timore crescente di una nazionalizzazione. E anche nella giornata festiva di oggi non poche telefonate sarebbero arrivate ai piccoli azionisti come a soggetti che potrebbero entrare nella partita. Partita che per molti finirà ai supplementari se non addirittura ai rigori.

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