SIENA – Prestiti e titoli dati a garanzia dei finanziamenti stessi. E’ questo il rischio intorno al quale si è avvitato il Monte dei Paschi di Siena. Un meccanismo intricato che preoccupa i verti della banca già dal 2011, quando Mps appare già una banca in affanno. Spiega il Corriere della Sera:
I verbali del consiglio da settembre a dicembre 2011 – quando come segnale per il mercato il direttore generale Antonio Vigni lascerà la banca in anticipo rispetto all’aprile 2012 (quando lasciò Mussari) – mostrano le preoccupazioni per l’impossibilità di gestire un meccanismo intricatissimo di prestiti e titoli dati a garanzia degli stessi finanziamenti, nel quale il Montepaschi sembra avvitarsi. E poi c’è il timore per il monito dell’Authority europea (Eba), che a fine 2011 impone una ricapitalizzazione da 3 miliardi per coprire le perdite legate alle svalutazioni dei Btp in portafoglio. Dei derivati «Alexandria», «Santorini», «Nota Italia» e delle altre operazioni oggi sotto la lente della procura di Siena ufficialmente non c’è menzione nei verbali di quel periodo. Ma dalle domande si intuisce il sospetto dei consiglieri che qualcosa non girasse nel verso giusto. «Quanti Btp abbiamo in portafoglio?», chiede secco Francesco Gaetano Caltagirone, vicepresidente e azionista con il 4%, al consiglio dell’8 settembre. Di lì a poco tempo Caltagirone venderà tutte le azioni e lascerà il board.
Il 24 novembre sono ancora liquidità e investimenti al centro del dibattito. De Courtois torna sul punto: «La dimensione e la composizione del portafoglio hanno un impatto negativo sulla percezione del mercato riguardo alla Banca, con riflessi sul corso del titolo. Serve un’esposizione analitica titolo per titolo». Per il 16 dicembre il dossier è pronto ma di fatto inutilizzabile: la documentazione «è stata messa a disposizione dei consiglieri solo da poco tempo», attacca Alfredo Monaci (oppositore dell’ex sindaco di Siena Franco Ceccuzzi e ora candidato alla Camera per la lista Scelta Civica di Mario Monti). Si rinvia a un successivo consiglio. Ma pochi giorni dopo Vigni si dimetterà. E il nuovo amministratore delegato Fabrizio Viola avvierà un’altra revisione, più incisiva, ora al vaglio degli inquirenti. Proprio sulla liquidità si concentrano le indagini della procura e del nucleo valutario della Guardia di Finanza: una liquidità che sarebbe stata difficile da reperire fin dai tempi dell’acquisizione di Antonveneta, in particolare per rimborsare Abn Amro dei 7,9 miliardi di prestiti interbancari concessi alla banca padovana. Le operazioni di finanziamento sono sotto esame per verificare se siano state esposte correttamente alla Banca d’Italia. E se per caso qualcuno, nei vari passaggi tortuosi, non vi abbia fatto qualche «cresta».