ROMA – Monte dei Paschi di Siena. La Borsa è per il momento il giudice più severo della più antica banca del mondo (titolo in caduta libera, in meno di un’ora è passato di mano il 2% del capitale) dopo gli inquietanti sviluppi della vicenda derivati, con la scoperta delle omissioni sui documenti con cui è stata “ingannata” (così si difendono a Palazzo Koch sulla mancata vigilanza) la Banca d’Italia. A proposito del documento, il Fatto Quotidiano pubblica la sintesi della conference call con i rappresentanti della banca giapponese Nomura, nella quale l’ex presidente Mussari, si impegna a sottoscrivere gli sciagurati accordi per la cessione del titolo Alexandria, operazione che ha travolto il numero uno di Abi, pregiudicato l’immagine della banca, sollevato un terremoto politico. Con quel maxi-contratto su oltre 20 miliardi di Buoni del Tesoro a lungo termine, la banca ha fatto la scommessa sbagliata, rinunciando di fatto a 3 miliardi in tre anni in cedole.
Mps non rischia il crac, i correntisti possono stare tranquilli, meno gli azionisti che però, per definizione, si sono assunti dei rischi. Ma lo scandalo riguarda nello specifico il mestiere della banca (e Mps è la prima banca della storia), cioè prestare soldi e accompagnare gli investimenti, finanziare i mutui, partecipare allo sviluppo del territorio. La richiesta dei 500 milioni di Monti bond in più (per un totale di 3,9 miliardi) effettuata a fine novembre è legata infatti alle perdite addizionali sul portafoglio titoli (3,2 miliardi a fine settembre 2012).
Secondo gli analisti di Equita sim, quindi, “il beneficio della riduzione degli spread a fine anno non sarà più di un miliardo ma solo di 500 milioni”. Tradotto, tassi di interesse sui prestiti che scendono la metà dell’atteso. Nel frattempo, lo swap si è dimostrato un boomerang letale, per cui in questi anni Mps ha rinunciato a tre miliardi di euro in cedole. Realizzando un paradosso finanziario: Mps, con i Btp, si tiene il rischio italiano (alto) ma i rendimenti tedeschi (prossimi allo zero)
La telefonata di Mussari. E’ la telefonata che scotta, quella del luglio 2009 che avrebbe portato alle dimissioni dalla presidenza dell’Abi Giuseppe Mussari: è la mossa, in sostanza, “del giocatore d’azzardo che, per colmare le perdite delle giocate precedenti, va al Casinò ipotecando la casa e alla fine perde tutto” (Fabio Pavesi, Sole 24 Ore). Il presidente di Nomura, Sadeq Sayeed, spiega a Mussari, al direttore generale Mps Antonio Vigni e ad altri manager che “le potenziali difficoltà” di gestione contabile dell’operazione sono dovute al fato che l’asset swap e il pronto contro termine saranno eseguiti a condizioni non di mercato”.
Sayeed vuole accertarsi che Mussari e il management senese “siano a conoscenza di questa preoccupazione” e che la società di revisione Kpmg sia “pienamente” informata. Mussari dirà sì a tutto, anche quando la controparte si accerta se Mussari abbia ben compreso i termini dell’impegno: “Ti è chiaro che io compro il tuo titolo Alexandria nonostante sia fonte di perdite solo perché tu ti impegni a comprarmi prodotti che ti legheranno per trent’anni e che da subito faranno recuperare a Nomura il dono che ti faccio?” Il sì è una scelta economicamente suicida. Ma perché è stata fatta? Spiega ancora Pavesi sul Sole 24 Ore:
“Quando nel 2009 entrambe le operazioni (che risalgono al 2002 e al 2006) iniziano a creare ingenti perdite, Mps non vuole però evidenziarle in bilancio. Così commette il secondo errore: compra BTp trentennali da Deutsche Bank e Nomura per ‘spostare’ le perdite di Alexandria e Santorini su contratti di pronti/termine creati sugli stessi BTp trentennali. Questo permette a Mps di spostare contabilmente la perdita su titoli più ‘consoni’ con l’attività di una banca e, soprattutto, di non mostrarla in conto economico perché ascrivibile a contratti di pronti/termine. Il dente cariato resta, il dolore anche: ma nessuno lo vede”.
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