“Mps formalmente in vendita, incarico a Ubs e Citigroup”, Wall Street Journal

"Mps formalmente in vendita, incarico a Ubs e Citigroup", Wall Street Journal
“Mps formalmente in vendita, incarico a Ubs e Citigroup”, Wall Street Journal

ROMA – “Mps formalmente in vendita, incarico a Ubs e Citigroup”, Wall Street Journal. L’incarico di trovare un acquirente o un soggetto disposto a fondersi è stato dato a Ubs e Citigroup: Monte dei Paschi di Siena è in vendita, “formally up for sale” titolava il Wall Street Journal nel fine settimana, un articolo praticamente ignorato in Italia se non con l’eccezione del Giornale.

Vendita da raggiungere anche con una certa fretta, bisogna trovare un partner prima di completare l’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro. Sono le ultime disastrose performance del gruppo a preoccupare nella ricerca: 5 miliardi dell’ultima capitalizzazione letteralmente polverizzati in pochi mesi, peggior risultato negli stress test della Bce (il deficit registrato si attesta a 2,1 miliardi). Insomma Mps è tutt’altro che un oggetto del desiderio nello shopping finanziario.

Più facile fare l’elenco dei possibili acquirenti che si sono sfilati dalla corsa rispetto a quella dei pretendenti. Se non vanno in porto cessione o fusione l’alternativa resta una sola, lo “spezzatino”, lo smembramento dell’istituto con i vari pezzi venduti al miglior offerente. Di ingresso dello Stato non se ne parla, il presidente Alessandro Profumo lo ha escluso.

Già nei giorni scorsi, infatti, si è chiamato fuori un drappello di banche che, almeno sulla carta, potevano essere indicate come possibili pretendenti dell’istituto toscano. A turno, si sono sfilate Intesa Sanpaolo e Unicredit, che sotto il profilo della struttura patrimoniale sarebbero in grado di «digerire» anche un boccone non facilmente digeribile come Siena; lo stesso ha fatto Ubi, dichiarandosi non interessata a recitare il ruolo di «cavaliere bianco».

Oltreconfine ha già opposto un secco «no» Bnp Paribas, seppure la banca francese abbia una presenza radicata nel nostro Paese in virtù dell’acquisizione di Bnl nel 2006. E pure il Santander, impegnato a gestire il complicato passaggio del dopo-Botin, si è girato dall’altra parte. (Il Giornale)

 

 

 

 

 

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