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NASpI, la sentenza n. 90/2024 cambia tutto: in quali casi va restituita e in quali no

La sentenza n. 90/2024 della Corte Costituzionale ha introdotto importantissime novità per la NASpI: l’INPS svela ai disoccupati cosa cambia.

Com’è noto, l’indennità per la disoccupazione NASpI è disponibile per lavoratori dipendenti, apprendisti, soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato, personale artistico subordinato e dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni.

La sua durata dipende dal numero di settimane di contribuzione versate dal lavoratore licenziato negli ultimi quattro anni. In generale, l’INPS corrisponde la NASpI per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione accreditate. C’è però una durata massima che è di due anni.

In certi casi è anche possibile chiedere all’INPS tutto l’importo complessivo dell’indennità in un’unica soluzione. Si tratta della cosiddetta liquidazione in un’unica tranche. Invece di percepire l’indennità di disoccupazione concessa mensilmente, il lavoratore con contratto subordinato che ha perso involontariamente l’occupazione può richiedere un mega-assegno unico. Per poter usufruire di questa possibilità, il beneficiario della NASpI deve però rispettare alcuni requisiti.

Così come chiarito dall’INPS, la liquidazione è concessa al disoccupato che intende avviare un’attività lavorativa autonoma o un’impresa individuale e che può sottoscrivere una quota di capitale sociale di una cooperativa (con rapporto mutualistico di attività lavorativa da parte del socio).

Restituzione indennità NASpI: cosa dice la sentenza n. 90/2024 della Cassazione

La domanda di anticipazione deve essere presentata entro trenta giorni dall’inizio dell’attività autonoma o dalla sottoscrizione della quota di capitale sociale. C’è un però: se il beneficiario dell’indennità instaura un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo di versamento della NASpI, l’importo anticipato deve essere restituito.

L’argomento è spinoso e riguarda appunto la fattispecie della restituzione dell’anticipazione della NASpI. Un recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 90/2024 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, nella parte in cui non limita l’obbligo di restituzione dell’anticipazione della nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego alla durata del periodo di lavoro subordinato.

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Restituzione indennità NASpI: cosa dice la sentenza n. 90/2024 della Cassazione Blitzquotidiano.it

Ebbene, in parole povere, la Corte ha chiarito che se un lavoratore riceve un’anticipazione della NASpI per avviare un’attività imprenditoriale ma non può continuare l’attività per cause non imputabili a lui, non è giusto che restituisca l’intera somma ricevuta. La restituzione dovrà essere proporzionale alla durata del periodo di lavoro subordinato svolto durante il periodo coperto dall’indennità.

Queste sono le cause non imputabili al lavoratore. Nel caso in cui il percettore della liquidazione da parte dell’INPS non è in grado di proseguire l’attività di impresa per cause sopravvenute e non imputabili a sue decisioni o suoi errori evidenti, la restituzione della somma deve quindi essere equa. Ovvero proporzionale al periodo di lavoro effettivamente svolto.

La Corte si espressa anche sul problema del nuovo rapporto di lavoro. Se il lavoratore instaura un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per cui è riconosciuta l’indennità, la restituzione sarà limitata ai mesi di lavoro effettivamente svolti. Tutte queste novità hanno un impatto significativo sulla NASpI. Sono cambiamenti che mirano innanzitutto a rendere più equo il sistema di restituzione dell’indennità, per evitare che i lavoratori siano penalizzati per circostanze al di fuori del loro controllo.

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