Estate da 40 anni stagione ammazza soldi. Nixon, Lehman, spread e Grexit/Spanic?

di Emiliano Condò
Pubblicato il 7 Giugno 2012 - 14:59 OLTRE 6 MESI FA

ROMA –  La bella stagione? Forse. Di certo l’estate non lo è per i mercati. Lo dicono una serie  di coincidenze, così tante coincidenze da non sembrare più tali. O almeno da mettere un bel po’ di paura in vista dell’estate che sta per iniziare e che già non parte, almeno dal punto di vista dei conti della Ue e dei mercati, sotto i migliori auspici.

A individuare e mettere insieme le estati nere dei mercati italiani è sul Sole 24 Ore Vito Lops. Tutto parte nel 1971 quando l’allora presidente degli Stati Uniti Richard Nixon annuncia la non convertibilità del dollaro in oro. E’ l’azione che manda in pensione il sistema aureo, quello in cui la base monetaria è data da una quantità fissata d’oro. Solo che, in quel momento, per i mercati la scelta di Nixon equivale a una dichiarazione di bancarotta. Non fu così, ma fu comunque panico. Panico estivo, visto che tutto accadde nella notte tra il 14 e il 15 agosto.

Nel 1992 altra estate “da paura” per i mercati. Stavolta non c’entrano i presidenti e non c’entrano neppure gli stati uniti. Ci si mette il finanziere George Soros che decide di vendere allo scoperto, ovvero prima di acquistarle, 10 miliardi di sterline. Operazione non senza conseguenze visto che la Gran Bretagna uscì dallo Sme, il Sistema monetario europeo. Anche questa fu speculazione estiva, anche se di fine estate: era il 16 settembre.

Più fresca è un’altra estate “indimenticabile”, quella del 2008. Da un anno si è iniziato a  parlare di crisi, qualcosa coi mutui non funziona più: ma la percezione di quanto sta per succedere davvero ce l’hanno gli addetti ai lavori e pochi altri. Sta di fatto che il 15 settembre Lehman Brothers annuncia il suo crac. Per capire di cosa si tratta bastano le cifre: buco da 640 miliardi, qualcosa attorno al doppio del Pil della Grecia, più grande fallimento della storia della finanza mondiale. Un fallimento che, altra coincidenza, avviene d’estate.

E un anno prima c’erano già state le prime avvisaglie. Neppure l’estate 2007, infatti, scorre tranquilla: a luglio iniziano a circolare voci su qualcosa che non torna sui mutui subprime, quelli concessi a chi, per condizione economica, non sarebbe in grado di pagare. Scoppia la bolla perché i pagamenti iniziano ad arrivare più e col processo di “cartolarizzazione”, ovvero lo spacchettamento e la vendita parcellizzata di porzioni di singolo mutuo, esigere il credito è impresa impossibile.

Poi c’è l’estate 2010, quella in cui si inizia a registrare un acquisto molto forte di bund tedeschi ( i titoli di stato decennali che sono anche il parametro per la solidità degli altri stati Ue) a scapito degli altri. Esattamente un’estate dopo, nel 2011, compare un po’ ovunque la parola spread. Prima era roba da addetti ai lavori o poco più: ora esce dai giornali economici ed entra in tutti i telegiornali e i siti. Ancora una volta il motivo è nei numeri. A Maggio 2008, quando Romano Prodi lasciò il governo a Silvio Berlusconi, il differenziale tra i nostri titoli e quelli tedeschi era a 37.  A settembre 2011 sfonda quota 350. La stessa quota che oggi ci sembrerebbe un “buon dato”.

La domanda, a questo punto, è cosa aspettarci dall’estate 2012. Vietato pensare ai Maya resta solo un appiglio cui aggrapparsi: l’estate 2009, l’unica “rialzista” degli ultimi anni. I numeri, però, non sembrano dalla nostra parte. C’è la Grecia, malato da tempo e malato che ha smesso di rispondere alle cure. Lo scenario che prima sembrava impossibile, quello della “amputazione” dell’arto greco ora inizia ad essere possibilità presa in considerazione. Tutti o quasi dicono che “no, meglio di no, va fatto di tutto per evitarlo”. La differenza però c’è: prima era anche vietato parlarne. Poi sono venute le inutili elezioni, l’exploit nazista, il folle ritorno alle urne. E la situazione si è ulteriormente aggravata.

Ora c’è anche il caso spagnolo. Qui di elezione ce n’è stata una sola, quella che ha mandato a casa Zapatero per il popolare Rajoy. E’ stato però solo un placebo il cui effetto si è esaurito in poche settimane: lo spread è tornato a salire, ha di nuovo superato quello italiano. E non è l’aspetto peggiore: ci sono le banche da salvare. Banche che hanno amministrato con leggerezza e ora vanno tirate fuori dai guai con i soldi europei.  Di uscita della Spagna, ovviamente, non si parla. Sarebbe equivalente, quasi, alla fine della Ue. Però l’estate è alle porte e viste le premesse c’è poco da stare allegri.