Più occupati italiani, meno stranieri: la crisi fa accettare ogni lavoro

Pubblicato il 9 Gennaio 2012 - 13:40 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Quello è un lavoro da immigrato, io non ci vado” è una frase che sentiremo molto meno uscire dalla bocca di un italiano. Almeno finché la crisi non avrà mollato la presa sulla nostra economia. Che la crisi mutasse i comportamenti individuali lo sapevamo: Luca Ricolfi sulla Stampa estrae, però, il convincimento su una rinnovata disponibilità dei nostri connazionali ad accettare impieghi meno qualificati, osservando i dati sull’occupazione nella progressione storica degli ultimi 4 anni.

Nel “biennio nero” 2008-2009 gli italiani hanno vissuto una perdita secca di circa un milione di posti di lavoro: nello stesso periodo gli stranieri ne hanno guadagnati almeno trecentomila. La distruzione di posti di lavoro è andata avanti per tre anni interi (12 trimestri), arrivando a 2 milioni e 276 mila unità. L’ultimo trimestre del 2011 si segnala per una piccola ma significativa inversione di tendenza: rispetto all’anno scorso c’è stato un incremento di 39 mila posti di lavoro “italiani”. Nello stesso trimestre, ma soprattutto in tutto il 2011 gli stranieri “hanno visto assottigliarsi progressivamente i loro incrementi occupazionali”. Cioè, si continuano ad assumere molti stranieri ma meno di prima: 276 mila nel primo trimestre, 168 mila nel secondo, 120 nel terzo.

E’ chiaro che la distanza tra quei 39 mila italiani e i 120 mila stranieri  dell’ultimo trimestre 2011 è ancora alta, ma il significato, secondo Ricolfi, è importante e significativo. Vuol dire che con la crisi a pieno regime si assumono meno colf e badanti, che chi non può permettersi più di accedere alla pensione in anticipo è costretto a restare attivo nel mercato del lavoro, che chi non accettava lavori poco qualificati ha cambiato atteggiamento. E’ presto secondo Ricolfi per sostenere che italiani e stranieri abbiano iniziato una concorrenza spietata sugli stessi posti, ma insomma  “nel mercato del lavoro le cose stanno cambiando molto rapidamente”. La crisi, come la febbre, scomparirà (speriamo) con un paziente ristabilito ma profondamente modificato?