Paradise Papers: Madonna, Bono e la regina Elisabetta tra gli investitori nei paradisi offshore

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Paradise Papers: Madonna, Bono e la regina Elisabetta tra gli investitori nei paradisi offshore

LONDRA – Dopo i Panama Papers i Paradise Papers. Arrivano nuove rivelazioni sui vip (ma non solo) che hanno investito i loro soldi nei paradisi off-shore. Tra loro, popstar come Madonna e Bono degli U2, politici e reali la regina Rania di Giordania e la regina Elisabetta, ma anche un ministro di Donald Trump, il tesoriere del primo ministro canadese Justin Trudeau e il finanziere George Soros.

I loro nomi emergono dagli oltre 13,4 milioni di documenti riservati ottenuti dal tedesco Suddeutsche Zeitung che li ha condivisi con l’International Consortium of Investigative Journalists e i suoi partner tra i quali il Guardian, la Bbc, il New York Times e l’Espresso pubblica in esclusiva per l’Italia insieme con Report, la trasmissione d’inchiesta di Raitre.

Tra gli investimenti ai Caraibi ci sarebbero anche milioni di sterline di profitti generati da proprietà private della regina Elisabetta, che risulta aver investito ingenti somme nel paradiso fiscale della Cayman attraverso il Ducato di Lancaster. Imbarazzo pure per Lord Ashcroft, businessman ed ex dirigente del Partito Conservatore britannico, che avrebbe a sua volta nascosto una fortuna pari a 450 milioni su conti offshore.

Il nome in codice della nuova inchiesta giornalistica internazionale è Paradise Papers ed è firmata dallo stesso network dei Panama Papers, le carte segrete dello studio Mossack Fonseca che nel 2016 hanno per la prima volta svelato come i big della Terra occultano i propri patrimoni nei paradisi fiscali e societari.

La nuova ‘puntata’ dei Papers riguarda affari e operazioni finanziarie spregiudicate attribuite a figure dell’amministrazione di Donald Trump, al braccio destro e regista dell’ascesa politica del premier canadese Justin Trudeau, ai colossi Usa Apple e Nike (accusati di aver usato artifici vari per eludere il fisco), a oligarchi e imprese a partecipazione statale russi, con il coinvolgimento di Paesi vari: da Malta alla Repubblica del Congo.

Per quel che riguarda i profitti generati da proprietà reali britanniche, ad aggravare la situazione c’è il fatto che, sebbene probabilmente in modo legale, questo denaro della regina sarebbe stato investito negli ultimi 12 anni (dopo il passaggio offshore) anche in catene commerciali come Threshers e BrightHouse, criticate da tempo per il presunto sfruttamento di lavoratori, famiglie povere e persone vulnerabili. Il Ducato di Lancaster, per parte sua, ha fatto sapere di non essere a conoscenza della destinazione finale verso tali società di una parte delle somme affidate a promotori finanziari. Dai Paradise Papers emergono anche i legami d’affari tra la Russia di Putin e il segretario al Commercio di Trump.

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