In pensione più tardi: dubbi e risposte per i lavoratori

Il ministro del Lavoro Elsa Fornero (Foto LaPresse)

ROMA – In pensione sei anni dopo, tutti a 66 anni dal 2018, 41 anni per le donne dal 2012, 42 anni per gli uomini dal 2012, tutti con metodo contributivo, maggiore flessibilità, abolizione delle finestre: sono alcuni dei punti fondanti della riforma delle pensioni del ministro del Lavoro Elsa Fornero contenuta nella manovra varata dal governo Monti.

Ma che cosa significa concretamente? Ecco alcune risposte fornite dal Corriere della Sera.

Quanto si perde con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. Il passaggio per tutti riguarderà solo le contribuzioni versate a partire dal 31 dicembre 2011. Per chi è prossimo alla pensione la perdita sarà minima: una riduzione dell’assegno finale dell’1 per cento circa per ogni anno contributivo.

Le ripercussioni su chi ha già quarant’anni. Per chi compie 40 anni prima del 31 dicembre del 2011 non cambia nulla. I nuovi requisiti si applicano a partire dal 2012.

I nati nel 1970 dovranno probabilmente attendere il 2037 o il 2039.

Chi ha già versato 34 anni di contributi non avrà una pensione più alta se arriverà a 42 anni. La pensione non può risultare superiore a quella che deriva dall’applicazione  delle regole di calcolo vigenti prima dell’entrata in vigore della modifica.

Quota 96 nel 2012 significa che nel 2012 si maturano 60 anni di età e 36 di contributi, per andare in pensione bisogna aspettare 6 anni per arrivare a 42 di contributi e 66 di età.

Quota 40 nel 2012: se con la finestra si sarebbe usciti a 56 anni, adesso bisognerà attendere un anno in più, per avere 42 anni e tre mesi di contributi. Se si decide di uscire a 57 anni, 5 anni prima dei 62 previsti dalla riforma, si avrà una penalizzazione del 2 per cento l’anno, per un 10 per cento totale. Per evitare questa penalizzazione è necessario lavorare fino a 67 anni d’età e 52 di contributi.

Assegni da mille euro: sono davvero d’oro? No, anche secondo lo stesso ministro Fornero. Ma per il 2012 e il 2013 non ci saranno scatti d’inflazione, da cui si salvano solo gli assegni più bassi, fino al doppio del trattamento minimo Inps. Chi percepisce un assegno di 936 euro mensili riceverà il 100 per cento dell’aggiornamento Istat, che si tradurranno in 15 euro nel 2012.

Chi arriva a 42 anni percepirà la pensione dal mese successivo alla cessazione dell’attività. L’abolizione della finestra mobile consente di percepire l’assegno dal mese successivo alla domanda di pensione.

 

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