Anche i nipoti hanno diritto alla pensione di reversibilità: tutti i requisiti stabiliti dalla sentenza della Corte Costituzionale.
Le disposizioni sulla pensione di reversibilità hanno subito numerose modifiche nel corso degli anni. Il supporto pensionistico riconosciuto dall’INPS ai familiari superstiti di un pensionato o di un lavoratore deceduto è nato col regio decreto legge n. 1272 dell’aprile 1939-XVII come misura a esclusiva tutela delle donne. Inizialmente, dunque, potevano beneficiare della reversibilità solo le vedove che non avevano una pensione propria e che, dopo il lutto, si scoprivano prive di un reddito minimo per poter tirare avanti.
Più avanti il diritto è stato riconosciuto anche ai figli. Prima solo ai legittimi, poi anche ai legittimati, agli adottivi o riconosciuti legalmente. Il requisito è che alla data della morte del genitore siano minorenni, inabili, studenti o universitari o ancora a carico del genitore deceduto.
Successivamente si è stabilito che la pensione di reversibilità andasse corrisposta anche ai nipoti minorenni o maggiorenni ma non indipendenti e, in mancanza del coniuge, dei figli e dei nipoti, ai genitori d’età non inferiore a sessantacinque anni, se non titolari di pensione e a carico del deceduto o ai fratelli celibi e sorelle nubili inabili.
Inizialmente, il beneficiario poteva godere dell’80% della pensione della persona estinta. Ciò è cambiato con legge n. 335 dell’agosto 1995, la cosiddetta Riforma Dini. La nuova normativa ha infatti introdotto delle decurtazioni sulla pensione di reversibilità in base al reddito del beneficiario. I tagli variano dal 25% al 50% a seconda della situazione reddituale del beneficiario. Pochi anni dopo la politica ha deciso per nuove riduzioni, progressive e proporzionali, del trattamento (prima con la legge n. 211/1997 e poi con la norma n. 416/1999).
Pensione di reversibilità riconosciuta ai nipoti: come funziona
La Riforma Dini resta comunque il riferimento principale per stabilire l’importo spettante ai superstiti. La norma stabilisce che la reversibilità va calcolata sulla base della pensione dovuta al lavoratore deceduto o della pensione in pagamento al pensionato deceduto applicando determinate percentuali previste. Cioè il 60%, quando arriva solo al coniuge. 70%, se spettante solo a un figlio. 80% per coniuge e un figlio o due figli senza coniuge e 100% per coniuge con due o più figli oppure tre o più figli senza coniuge.
La norma prevede anche la percentuale di reversibilità del 15% per ogni altro familiare avente diritto diverso dal coniuge dai figli e dai nipoti. C’è però poi stata un’importante sentenza della Corte Costituzionale: la n. 162 del 2022.
Con questa sentenza, la Corte ha in pratica dichiarato parzialmente incostituzionali alcune disposizioni in vigore, in particolare in merito alla mancanza di un tetto alle decurtazioni del trattamento ai superstiti causate dal possesso di un reddito aggiuntivo.
Sempre nel 2022 la Corte Costituzionale ha anche equiparato i nipoti ai figli per la pensione di reversibilità. La sentenza n. 88 del 5 aprile 2022 stabilisce infatti che i nipoti maggiorenni inabili al lavoro e a carico del soggetto deceduto hanno diritto al trattamento.
Il punto è quindi stabilire in quali casi i nipoti del pensionato deceduto hanno diritto a percepire la pensione di reversibilità. Secondo la normativa vigente, la pensione di reversibilità spetta sì anche ai nipoti, ma soltanto in determinate circostanze. In pratica, così come stabilito dalla Corte Costituzionale, i nipoti possono beneficiare del trattamento se erano a carico del nonno o della nonna al momento del loro decesso.
Gli ultimi tagli alla prestazione
Più nello specifico, la pensione di reversibilità è riconosciuta al nipote (minorenne o maggiorenne) convivente con il nonno o la nonna deceduti e non autosufficiente dal punto di vista economico. Può essere richiesta anche dal nipote non convivente, ma abitualmente mantenuto dal nonno o dalla nonna deceduti.
Al di là della convivenza e della non autosufficienza economica, vale quindi come requisito anche il mantenimento abituale. La reversibilità è concessa poi anche in caso di inabilità al lavoro del nipote e in assenza di altre fonti di reddito che possano garantirgli l’autosufficienza economica.
Più di recente, con il ricalcolo delle pensioni avvenuto nel 2024, l’INPS ha comunicato i nuovi importi delle pensioni di reversibilità sulla base della sentenza della Corte Costituzionale già citata. Il ricalcolo comporta un sostanziale riesame dell’importo e la politica sta ancora valutando sulla possibilità di introdurre un rimborso degli arretrati per alcuni beneficiari.
Sempre nel 2024, però, sono stati introdotti nuovi limiti di reddito per il 2024. Da qui i nuovi tagli sulla pensione di reversibilità. Per esempio, per i redditi superiori a 38.909,65 euro, la decurtazione ora è del 50%.