In pensione a 63 anni: sta per arrivare il nuovo canale di uscita flessibile invocato dai lavoratori, ma resta il problema delle risorse.
Nella prossima riforma previdenziale il Governo vorrebbe poter sviluppare la proposta di una nuova quota 104 per un largo bacino di beneficiari. Una misura che, di base, dovrebbe prevedere la possibilità di andare in pensione anticipata a 63 anni di età, ovviamente a condizione che il lavoratore abbia alle spalle un certo numero di contributi.
In base ai calcoli dell’INPS, non si potrebbe andar sotto il tetto contributivo dei 41 anni. Dunque si assisterebbe a un inasprimento rispetto ai già stringenti e poco invitanti requisiti che caratterizzano quota 103 (il requisito anagrafico di 62 anni di età unito a quello contributivo di 41 anni).
Ma con che tipo di sistema avremmo a che fare? Da un punto di vista concettuale, la nuova pensione sarebbe assai simile alle precedenti “quote”. Quindi a quota 100, 102 e 103. Quindi poco inclusiva e poco flessibile. E anche meno conveniente rispetto alle misure precedenti. Ecco perché i tecnici del Governo stanno studiando possibili soluzioni per poter rendere quota 104 un po’ meno rigida.
In pensione a 63 anni: la proposta di una riforma previdenziale
Visti i conti dello Stato, è impossibile risolvere i problemi attuali del sistema pensionistico, ma ciò non toglie che, con un piccolo sforzo, si potrebbero comunque trovare soluzioni più inclusive e flessibili.
Come? Per esempio consentendo il pensionamento con 39 anni di contributi per i sessantacinquenni. Oppure creare nuove possibili combinazioni 66 anni di età con 38 anni di versamenti, 64 e 40, 62+42, eccetera. Bisognerebbe però trovare innanzitutto le copertura, che mancano.
Per accedere a Quota 104, secondo il disegno attuale, dovrebbe essere necessario avere almeno 63 anni di età e 41 anni di contributi. Ma così presentata, la riforma mancherebbe totalmente di vera flessibilità. Se il punto è quello di offrire ai lavoratori che vogliono andare in pensione una maggiore elasticità rispetto alla pensione di vecchiaia standard (che richiede 67 anni di età), è necessario abbassare il tetto contributivo.
Per quanto concerne l’importo dell’assegno previdenziale, anche in questo caso si tratterebbe di ricevere un trattamento ridotto fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia, cioè ai 67 anni. L’importo massimo dell’assegno non dovrebbe superare i 2.394,44 euro lordi al mese.
A fronte di questi dati, appare manifesto che una proposta del genere potrebbe essere presa davvero in considerazione solo da chi ha iniziato a lavorare in giovane età e ha quindi accumulato molti anni di contributi. Come al solito, al momento è ancora tutto abbastanza vago. Ci sono dunque ancora discussioni in corso riguardo all’implementazione della possibile quota 104.
E dall’INPS continuano ad arrivare allarmi sulla difficoltà di poter raccogliere le risorse necessarie per sostenerle questa nuova misura. In pochi anni, in Italia, dalla criticatissima prima riforma Fornero si è passati dall’originaria quota 100 con combinazione 62 anni di età con 38 anni di contributi alla pensione anticipata a 63 anni con 41 anni di contributi della quota 104.