Pensione sempre più tardi: a 61 anni e mezzo. Effetti della riforma Fornero

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Luglio 2013 - 10:17 OLTRE 6 MESI FA
Pensione sempre più tardi: a 61 anni. Effetti della riforma Fornero

Elsa Fornero (Foto Lapresse)

ROMA – Pensioni, crolla il numero di quelle liquidate nel primo semestre del 2013: il calo, scrive Enrico Marro sul Corriere della Sera, è stato del 38% per i lavoratori dipendenti, sia del settore privato sia del pubblico impiego.

Negli ultimi dati dell’Inps, l’istituto nazionale di previdenza sociale, si notano gli effetti della riforma di Elsa Fornero. Il raggiungimento dei requisiti necessari per andare in pensione si allontana, per i lavoratori italiani. In media l’uscita dal mondo del lavoro avviene a 61 anni e mezzo per i dipendenti privati e quasi 61 per quelli pubblici, un anno in più rispetto al 2011.

Questo calo delle pensioni si traduce in un calo della spesa: nel decennio 2012-2021 l’Inps prevede risparmi per 80 miliardi di euro, anche tenendo conto degli interventi per gli esodati (persone senza lavoro e senza pensione).

Dal 2005 al 2011 l’Inps ha liquidato ogni anno nel settore privato tra le 245 mila pensioni e le 399mila nel 2006. Nel 2012, primo anno della riforma Fornero, si è scesi a 228 mila. Un calo dovuto soprattutto alla stretta sulle pensioni di anzianità.

Spiega poi Marro:

 Ma un ulteriore taglio si osserva nei primi sei mesi di quest’anno: sono state liquidate 96 mila pensioni contro le 99mila dello stesso periodo del 2012. La riduzione diventa molto maggiore se dal computo si escludono i lavoratori autonomi, che sono andati in pensione in un numero maggiore per via del fatto che la loro «finestra mobile» ritardava l’uscita di 18 mesi e si è quindi esaurita quest’anno determinando un effetto cumulo che si è scaricato nei primi sei mesi del 2013. Tolti gli autonomi, da gennaio a giugno sono state liquidate 48.200 pensioni a lavoratori dipendenti del settore privato contro le 75.231 dello stesso periodo del 2012, con una diminuzione del 36%. Un andamento analogo si riscontra nel settore pubblico, dove ogni anno venivano di solito liquidate circa 90-100 mila pensioni.

(…). Mettendo insieme le pensioni liquidate ai dipendenti sia privati sia pubblici, c’è stato un calo del 38% tra i primi sei mesi del 2012 e lo stesso periodo del 2013. In pratica 38.935 persone in meno che sono andate in pensione: 27.031 dipendenti privati e 11.904 dipendenti pubblici.

Le varie riforme della previdenza hanno allungato la vita lavorativa.

Nei primi sei mesi del 2013 i dipendenti privati sono usciti per vecchiaia mediamente a 66 anni e tre mesi (67 anni i lavoratori autonomi), le donne a 62 anni e un mese (62,3 le autonome) per una media di 63 anni e 7 mesi. Chi ha invece più di 42 anni di contributi può lasciare anticipatamente il lavoro e andare in pensione di anzianità. A un età media che è stata di 60 anni per gli uomini e di 59 per le donne. Il risultato finale è che l’età media effettiva di uscita dal lavoro è di 61,4 anni, uno in più rispetto al 2011, l’ultimo anno prima della riforma Fornero. Nel settore pubblico la media è appena più bassa, 60 anni e 8 mesi, ma qui quella delle donne è più alta: 61 anni e 7 mesi contro 60 anni e 4 mesi degli uomini. Con circa 61 anni e mezzo di età media effettiva di pensionamento l’Italia ha praticamente raggiunto la Germania (61,7), staccato la Francia (59,3), ma si trova ancora indietro rispetto a Spagna (62,3), Regno Unito (63,1) e Svezia (63,8). La nostra età, però, continuerà a salire ogni due anni, agganciata alla speranza di vita.