Pensione: si andrà più tardi, per avere gli stessi soldi

Pensione: si andrà più tardi, per avere gli stessi soldi
L’articolo di Fabio Venanzi sul Sole 24 Ore

ROMA – Per avere la stessa pensione bisognerà lavorare più a lungo, perché dal prossimo anno le quote contributive della pensione saranno più basse rispetto al passato. Si tratta comunque di una variazione modesta dell’importo per la grandissima parte dei pensionati. La novità è l’effetto del decreto del ministro Giuliano Poletti (Lavoro e politiche sociali) datato 22 giugno 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 154 del 6 luglio 2015. Cos’è la quota contributiva? Spiega Fabio Venanzi sul Sole 24 Ore:

è la trasformazione dei contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro nel corso del tempo (cosiddetto montante) che al momento del pensionamento diventa quota di pensione attraverso l’applicazione di coefficienti di trasformazione legati all’età posseduta dal lavoratore. Maggiore è l’età, più alta sarà la pensione perché il coefficiente sarà superiore. Tuttavia sul calcolo non incide solo il fattore anagrafico ma anche la maggiore contribuzione che il lavoratore versa per effetto del prolungamento dell’attività.

I coefficienti sono stati gli stessi dal 1996 (anno di entrata a regime delle quote contributive) fino al 2009. Poi la riforma Damiano ha previsto la revisione dei coefficienti per il triennio 2010/2012 e successivamente la manovra estiva 2010 (Dl 78/2010) ha stabilito la modifica unitamente agli incrementi legati alla speranza di vita. Pertanto i nuovi coefficienti saranno applicati per il triennio 2016/2018. Dal 2019 gli incrementi alla speranza di vita passeranno da triennali a biennali e, di conseguenza, anche i coefficienti di trasformazione saranno adeguati con la stessa periodicità.

I nuovi coefficienti saranno applicati a tutte le pensioni che avranno decorrenza dal prossimo 1° gennaio. Infatti non conta la data di risoluzione del rapporto di lavoro ma il momento in cui il lavoratore decide di accedere alla pensione. Quindi i soggetti che hanno già maturato un diritto a pensione hanno la convenienza a cessare entro novembre (o entro il 30 dicembre per le gestioni che pagano pensioni inframensili come quella dei dipendenti pubblici) affinché il trattamento pensionistico venga messo in pagamento con i coefficienti più generosi.

Occorre precisare che l’impatto sull’importo di pensione è davvero contenuto, almeno per chi è soggetto al sistema misto. Un soggetto che a novembre compie 67 anni e ha un montante accumulato di 200mila euro, avrebbe una quota contributiva di pensione pari a 11.652 euro, mentre a gennaio 2016 (fermi restando l’età e il montante accumulato) scenderebbe a 11.400 euro annui lordi.

Confrontando i coefficienti previsti nel 1995 con quelli che andranno a regime il prossimo anno si nota che il valore della legge Dini per i 65 anni (6,136%) lo si ritrova a 69 anni (6,135%). Ciò significa che l’andamento demografico negli ultimi 20 anni ha comportato un aumento della speranza di vita di quattro anni.

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