Come accade ogni anno, per tutelare il potere d’acquisto, le pensioni subiranno un adeguamento dovuto dalla differenza tra l’indice dei prezzi dell’anno precedente con quello attuale.
Quest’anno però, per riportare in vita Quota 103 e per finanziare l’aumento delle pensioni basse, il governo Meloni ha inasprito le penalizzazioni sulla rivalutazione delle pensioni come già accaduto nel 2023. Quest’anno, saranno però ancora più tartassate le pensioni superiori a 10 volte l’assegno minimo Inps. In questi casi, il ritocco sarà solo del 22%, contro l’attuale 32%.
Il 29 novembre 2023 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto ministeriale lavoro-economia che dispone, a partire dal 1 gennaio 2024, un adeguamento delle pensioni all’inflazione. La rivalutazione, negli ultimi anni non viene però applicata al 100% su tutti gli assegni. Favorite sono quelle basse, molto meno quelle alte che non avranno adeguamenti proporzionali all’aumento del costo della vita.
La legge di Bilancio 2024 dispone che l’indice inflazionistico venga riconosciuto integralmente solo alle pensioni fino a quattro volte il minimo. La rivalutazione, stando ad una legge del 1998, sarà del 90% per gli assegni da 4 a 5 volte il minimo e del 75% per le pensioni oltre 5 volte il minimo. Ora però, il governo Meloni ha deciso di peggiorare questa rivalutazione proporzionale. E in deroga alla legge del 1998, ha modificato le rivalutazioni per il 2024 in questo modo (i dati sono presi dal Corriere):
La rivalutazione Istat definitiva per il 2023 è stata fissata all’8,1%, rispetto alla precedente stima del 7,3%. Con un’inflazione pari all’8,1%, solo gli assegni che non superano le 4 volte la pensione minima (ovvero non superiori ai 2.100 euro) saranno effettivamente aumentati dell’ 8,1%. Per chi ha pensioni superiori 10 volte il minimo, la perdita sarà di circa 600 euro, che moltiplicati per 13 mensilità fa 7.944,3 euro. Se il pensionato vivrà altri 10 anni, immaginando un’inflazione fissa del 2%, la perdita sarà di oltre 100 mila euro.
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