ROMA – Pensioni a 62 anni con tagli del 30%. Come “Opzione donna” (un insuccesso). Con un tweet Matteo Renzi ha fissato l’appuntamento per il sostanzioso ritocco alla legge Fornero annunciato: “tra ottobre e novembre” si lavorerà al ripristino della flessibilità in uscita, cioè concedere la scelta al lavoratore di andare in pensione a 62 anni invece che a 66 e 7 mesi. Accettando però in cambio una decurtazione o tramite un ricalcolo dell’assegno con il sistema contributivo o con penalizzazioni ad hoc per l’uscita anticipata.
Decurtazione necessaria perché, fatti due conti, se la Legge Fornero faceva risparmiare qualcosa come 80 miliardi, l’impatto senza penalizzazioni varrebbe (Inps e Ragioneria dello Stato) almeno 45 miliardi, più della metà dei risparmi attesi. Si è già aperto quindi il dibattito su quanto e come ridurre l’assegno di pensione.
Sul Messaggero, Andrea Bassi ricorda come fino alla fine di quest’anno sia già previsto un meccanismo analogo, la cosiddetta “Opzione donna”, una possibilità concessa temporaneamente dalla riforma Fornero alle sole lavoratrici. Opzione che ne ha convinte ben poche, perché il il sacrificio del ridimensionamento economico della pensione non sembra valere l’opportunità di ritirarsi in anticipo.
Teoricamente questa opportunità è ancora in piedi fino alla fine dell’anno, ma nella pratica, in mancanza di indicazioni del governo, l’Inps la reputa un’esperienza già chiusa. E, va detto, non di grande successo. Ad aver approfittato di questa possibilità, che permette di pensionarsi anche a 57 anni avendone 35 di contributi, sono state solo 25 mila lavoratrici. Capire la ragione non è difficile.
Basta guardare qualche simulazione sull’effetto che il pensionamento anticipato con il ricalcolo contributivo può avere sull’assegno previdenziale. Una lavoratrice che nel 2014 aveva 58 anni e che aveva lavorato per 38 anni guadagnando 30 mila euro l’anno, andando in pensione come previsto dalla legge Fornero nel 2018, incasserebbe 24.510 euro l’anno circa, poco più di 1.800 euro lordi al mese per 13 mensilità.
Se quella stessa lavoratrice scegliesse l’opzione donna e accettasse di ottenere una pensione interamente contributiva, il suo assegno annuale scenderebbe a 17.800 euro circa, poco più di 1.360 euro al mese tredicesima compresa. La perdita, insomma, sarebbe di circa il 27%. Aumentando gli anni di contribuzione, lasciando per esempio a 62 anni, età considerata ottimale dal governo nel suo piano di flessibilità, il taglio potrebbe scendere fino ad un 20% in media. (Andrea Bassi, Il Messaggero).