ROMA – Pensioni a 62 anni: mistero penalizzazioni. 8% per 4 anni o 25%. Poter scegliere se andare in pensione 4 anni prima dell’obbligo dei 66 anni fissati dalla legge Fornero in cambio di un pezzo di assegno è una bella libertà: ma a che prezzo? E si intende per lo Stato, perché tanti pensionati in più pesano sulle casse pubbliche. Ma soprattutto per i pensionati, perché il quantum della rinuncia, quanto potrebbe valere cioè quel pezzo di assegno da sacrificare è tutto meno che definito.
Sicuramente non i 30 euro al mese della donna che preferisce stare con i nipotini piuttosto che al posto di lavoro immaginati da Renzi nell’annuncio della volontà di modificare la legge Fornero. La cosiddetta flessibilità in uscita comprende complicati calcoli attuariali e bisogna comunque familiarizzare con concetti e ipotesi di penalizzazioni, ricalcoli, montanti, contributivo puro. Ipotesi di scuola e progetti allo studio che vanno da un minimo di penalizzazione del 2% per ogni anno (8% per quattro anni), al ricalcolo con il sistema contributivo, misurabile in un 25/30% di perdita sull’assegno.
Penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo. Un a proposta di legge depositata in Parlamento dall’ex ministro del Welfare Cesare Damiano e dall’attuale sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta punta a una penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo a partire dai 62 anni, con leggera attenuazione se gli anni di contribuzione sono più di 35.
Per capirsi: se la pensione del signor Bianchi è prevista a 66 anni (l’età minima prevista oggi) con un assegno di duemila euro al mese, potrebbe andarsene a 62 perdendo l’8 per cento, 160 euro al mese. C’è un però: questa ipotesi costa comunque allo Stato fra i tre e i quattro miliardi l’anno. Al taglio secco dell’assegno ci sono due alternative: se l’impresa gli offre una buonuscita, potrebbe rinunciare a parte di essa, oppure chiedere il cosiddetto prestito previdenziale. Invece di rinunciare a parte dell’assegno, il signor Bianchi potrebbe accettare per i primi quattro anni un assegno più basso, restituendo la cifra anticipata a rate solo a partire dal momento in cui era previsto il pensionamento ordinario. (Alessandro Barbera, Il Secolo XIX).
Ricalcolo col metodo contributivo: taglio del 20/30%. L’assegno in caso di uscita anticipata di 4 anni potrebbe ridursi di circa il 20-30 per cento: oltre alla riduzione consistente insita nel sistema contributivo è allo studio una nuova percentuale di penalizzazione sulla parte del montante calcolato con il sistema retributivo, con una perdita ulteriore di circa il 12%.
In questo secondo caso il taglio sarebbe mediamente maggiore: il 5-6% per ogni anno di anticipo. Uscendo a 62 anni si perderebbe il 20-25%: alla fine converrebbe solo ai chi, licenziato dopo i 50 anni, rischia di restare senza stipendio e pensione (esodato). Un problema che o lo si affronta con la flessibilità o bisognerà trovare dei sussidi. (Enrico Marro, Corriere della Sera).