ROMA – Pensioni anticipate sì, con tagli non troppo grandi che possono essere progressivi per quanto riguarda la riduzione (1 anno 2%, 2 anni 5%…), progressivi a livello di reddito (più guadagni più perdi nell’assegno pensione), progressivi in senso di gradualità (2016 un anno di anticipo, 2017 due anni…). Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia è comunque convinto che sul medio lungo-periodo la flessibilità in uscita dal lavoro, l’anticipo della pensione prima dei 66 anni, fa risparmiare lo Stato.
Il costo iniziale va messo in conto ma Baretta (lo ha intervistato il Corriere della Sera) considera diverse soluzioni percorribili anche perché gli 8,5 miliardi indicati dal presidente dell’Inps Tito Boeri andrebbe aggiornato almeno della metà se non di più. Questo perché è irrealistico pensare che tutti i lavoratori opterebbero per l’uscita anticipata utilizzando tutti e 4 gli anni della finestra disponibile.
Una proposta è quella di rendere la riduzione dell’assegno corrispondente a ogni anno di anticipo (fissata al 2%) progressiva: un anno di anticipo 2%, due anni 5%, 3 anni 8%… Baretta aggiunge altri tipi di progressività.
Si potrebbe legare il taglio dell’assegno al livello del reddito: se prendi una pensione da 1.500 euro, dico per dire, ti taglio il 2%, se ne prendi 2.500, a parità di altre condizioni, ti taglio un po’ di più. Oppure si potrebbe introdurre la flessibilità in modo graduale. Nel 2016 consenti di uscire con un anno di anticipo, nel 2017 con due anni di anticipo, nel 2018 sali fino a tre. E così via. (Intervista di Pier Paolo Baretta a Lorenzo Salvia del Corriere della Sera).