ROMA – La revisione della Riforma Fornero per eliminare le rigidità che impediscono le uscite anticipate dal lavoro si farà, sarà contenuta nella prossima legge di stabilità. Si discute piuttosto su quale prezzo far pagare ai lavoratori interessati all’anticipo, su quale costo dovrà pagare lo Stato. Dal no assoluto della legge Fornero si è passati al sì condizionato (Tito Boeri, Inps) cioè a costo zero per lo Stato.
Per giungere infine al ministro del Welfare Giuliano Poletti che apre ancor di più sulle uscite anticipate, anche per favorire la staffetta generazionale, chiamando lo Stato a fare la sua parte, magari utilizzando criteri di calcolo per la decurtazione annuale degli assegni in funzione degli anni di anticipo, più progressivo e meno oneroso per lo Stato. Partendo dalla vecchia proposta di Cesare Damiano, taglio del 2% sull’assegno per ogni anno di anticipo, la rimodulazione prevederebbe un taglio non più fisso.
Per chi esce un anno prima il taglio sarebbe del 2%, per chi esce due anni prima del 5%, per chi anticipa di tre anni dell’8%. Anche perché, sostiene lo stesso Damiano, a supporto del “no costo zero” di Poletti, quel costo è stato ampiamente sopravvalutato.
“Sulle risorse necessarie – dice il presidente della Commissione Lavoro alla Camera Damiano – non bisogna basarsi su ipotesi sbagliate: i calcoli dell’Inps considerano una platea potenziale e non reale di lavoratori di 62 anni che, varata la norma, andrebbero in pensione tutti e subito, cosa del tutto irrealistica. Non considerano i risparmi: meno Cassa integrazione, meno assistenza ai nuovi poveri che rimangono per anni senza reddito, meno esodati da tutelare e una decurtazione massima dell’8% (4(2% per massimo 4 anni, dal 62 a 66 anni, ndr.) dell’assegno pensionistico che sarà strutturale”.