Tagli alle pensioni per fare cassa: così il Governo mette in ginocchio i lavoratori con tre novità particolarmente drammatiche.
Chi ha colto l’antifona sa già di non potersi aspettare nulla di buono. La prossima legge di Bilancio, visti i nuovi vincoli di spesa imposti dall’UE, non potrà forzare il deficit. In questo senso difficilmente il Governo riuscirà a realizzare la riforma delle pensioni che ha più volte promesso. E se vorrà rivedere almeno parzialmente alcune misure, dovrà inventarsi qualcosa per far quadrare i conti.
Per contenere i costi e garantire la sostenibilità del sistema previdenziale, da anni si continuano ad attuare tagli sugli assegni pensionistici. E il problema è che non è finita. I tagli già sperimentati potrebbero non essere che un piccolo anticipo rispetto a quelli più profondi e generalizzati che investiranno le pensioni, rischiando di mettere in ginocchio il Paese.
Le previsioni dicono che l’esecutivo è costretto a utilizzare le pensioni per fare cassa, quindi ad attuare nuovi tagli. Si prospetta perciò un addio all’aumento delle pensioni minime. E ci si aspetta anche l’arrivo di nuovi paletti e nuove penalizzazioni nelle pensioni anticipate. Infine, è quasi scontato che ci siano tagli sulla rivalutazione degli assegni.
Partiamo da quest’ultimo punto. La rivalutazione automatica degli importi pensionistici dovrebbe essere confermata anche l’anno prossimo sui parametri passati. Ciò rappresenta però uno svantaggio per i pensionati. Come per il 2024, le pensioni superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS vedranno una rivalutazione ridotta rispetto agli anni scorsi. Eppure nel 2025 è stato stimato un tasso di rivalutazione dell’1,6%. Un dato apparentemente più sostenibile rispetto ai precedenti (8,1% nel 2023, 5,4% nel 2024).
Il punto è che l’esecutivo sa che si sta per tornare alle vecchie regole della rivalutazione, più vantaggiose per il pensionato ma più dispendiose per lo Stato (si parla di un adeguamento completo all’inflazione per tutte le fasce di pensione). Per questo, è molto probabile che si punti a bloccare la rivalutazione per due anni. Per non rischiare una spesa maggiore del previsto.
Altri tagli colpiranno alcune categorie specifiche. Rischiano soprattutto i dipendenti pubblici ex INPDAP, con meno di 15 anni di contributi prima del 1996. Poi, anche nel 2025, così com’è stato nel 2024, si taglieranno le pensioni alte. Quest’anno le pensioni superiori a dieci volte il minimo INPS hanno ottenuto un’indicizzazione più bassa che, su decisione del Governo, potrebbe scendere ancora nei mesi a venire.
Ovviamente ci saranno anche nuovi paletti per l’accesso alla pensione anticipata contributiva. Chi potrà andare in pensione anticipatamente dovrà farlo accettando un assegno più basso del previsto. Non si sa ancora se le misure in scadenza il 31 dicembre prossimo, come Quota 103 e l’APE sociale, saranno confermate. Si era parlato della possibilità dell’introduzione di nuove opzioni di flessibilità (Salvini sponsorizza da tempo Quota 41 per tutti), ma anche in questo caso dall’INPS arrivano previsioni pessimistiche: non ci sono fondi. Per Quota 103 i tagli sono già certi.
Verrà tagliato anche l’assegno minimo. Il Governo aveva promesso che i trattamenti minimi sarebbero arrivati presto a 1.000 euro. Già l’anno scorso non è stato confermato l’aumento straordinario per i pensionati con più di 75 anni. E per il 2025 si prevede che le minime resteranno bloccate.
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