Pensioni anticipate, anche di undici anni, ma soltanto in presenza di determinate patologie. L’INPS aggiorna l’elenco.
L’attuale normativa stabilisce che, per poter accedere alla pensione di vecchiaia, un lavoratore debba aver compiuto sessantasette anni e aver versato almeno vent’anni di contributi. Le pensioni possono tuttavia essere anticipate aderendo a misure speciali di uscita (quota 41, APE sociale, Opzione Donna) o in presenza di determinate patologie. Parlare di benefici, in questi casi, sembra comunque inopportuno.
Soffrire di patologie disabilitanti non è mai un privilegio. E proprio per questo il legislatore interviene con misure di tutela rivolte ai lavoratori che hanno affrontato o affrontano una grave malattia. Il riferimento è il decreto legislativo di base è la legge 503/1992. Una norma che nel corso degli anni è stata può volte aggiornata e modificata. Tale legge ha introdotto uno strumento di prepensionamento, ovvero un canale di uscita speciale per far sì che i lavoratori del comparto privato affetti da gravi patologie possano raggiungere prima i termini legali per le pensioni.
Le patologie in questione sono malattie croniche che causano una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore all’80%. In questo caso, secondo quanto stabilito dalle attuali regole previdenziali, i lavoratori possono accedere alla pensione di vecchiaia già a sessantuno anni. Per la precisione, le donne possono anticipare il pensionamento di undici anni. Mentre per gli uomini l’anticipo massimo è di sei anni. Bisogna in ogni caso avere almeno vent’anni di contribuzione.
Detto ciò, è essenziale sottolineare che non basta il riconoscimento della malattia cronica come invalidante all’80% per poter beneficiare dello sconto per la pensione. L’INPS ha più volte chiarito che bisogna tener conto dell’invalidità specifica (secondo quanto stabilito dalla legge n. 222 del 1984). E non di quella generica (disciplinata dall’articolo n. 118 del 1971).
Questo significa che la condizione di salute deve essere giudicata da un’apposita commissione chiamata ad accertare qual è la percentuale di invalidità rispetto alla professione svolta. Non è detto infatti che una malattia invalidante sia penalizzante allo stesso modo per ogni tipo di lavoro. Per lo sconto, sussiste quindi la necessità di verifica dell’effettivo limite determinato dalla malattia cronica allo svolgimento della maggior parte delle mansioni previste dall’impiego.
C’è anche un altro però. Le pensioni anticipate a causa di una comprovata riduzione della capacità lavorativa non valgono per tutte le malattie croniche diagnosticabili. L’INPS è chiamata a stabilire nel dettaglio quali sono le malattie che comportano invalidità per chi ne è affetto e in quale percentuale.
Solo a seconda della gravità dei casi e dell’effettiva presenza della malattia nella lista delle patologie croniche ammesse è possibile che al lavoratore venga attribuito un grado di invalidità. L’istituto detta quindi delle linee guida da osservare cui dovranno uniformarsi le commissioni mediche incaricate per gli accertamenti degli stati invalidanti.
Le patologie possono interessare l’apparato cardiocircolatorio: aritmie, coronopatie e disfunzioni cardiache. Oppure quello respiratorio (broncopneumopatie, interstiziopatie, trapianti di polmoni). L’anticipo è concesso anche a chi soffre di gravi malattie legate al sistema digerente (stenosi, cirrosi, trapianti, infiammazioni intestinali croniche) o urinario (insufficienza renale cronica, trapianti di reni).
Per l’apparato endocrino, sono ammesse come patologie il diabete mellito, l’insufficienza corticosurrenale, le acromegalie e la sindrome di Cushing. Le altre patologie della lista sono amputazioni complete o parziali, perdita delle mani, sclerosi multipla, morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, epilessia, emiplegia, disturbo amnesico, schizofrenia, depressione, ritardi mentali, disturbi del comportamento.
Danno diritto al pensionamento anticipato la totale o parziale sordità, l’ipovisione, la cecità parziale o completa, la sindrome di Down, quella di Patau, le malattie congenite gravi, le neoplasie (anche il tumore è quindi invalidante), la fibrosi cistica, l’artrite reumatoide, la talassemia e l’AIDS.
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