ROMA – Pensioni. Casse: stop al “prelievo forzoso” deciso da Monti. Illegittimo. Le Casse di previdenza private non erano tenute a tagliare le spese per versarne il ricavato allo Stato, in base alla spending review. E’ la conclusione cui è giunta la Corte Costituzionale che, accogliendo il ricorso del 2012 (anno dell’introduzione della disciplina, ndr) dell’Ente pensionistico dei dottori commercialisti.
Si apre ora uno spazio per la richiesta di un rimborso che potrebbe aprire una falla, non certo enorme, di circa 10 milioni sui conti pubblici. La Consulta ha decretato l’illegittimità della norma perché “la scelta di privilegiare, attraverso il prelievo, esigenze del bilancio statale rispetto alla garanzia, per gli iscritti” all’Ente di “vedere impiegato il risparmio di spesa corrente per le prestazioni previdenziali non è conforme né al canone della ragionevolezza, né alla tutela dei diritti degli iscritti alla Cassa, garantita dall’art. 38 della Costituzione”.
Secondo la Consulta, inoltre, l’art. 3 della Carta “risulta violato per l’incongrua scelta di sacrificare l’interesse istituzionale” della Cassa “ad un generico e macroeconomicamente esiguo impiego nel bilancio statale”.
Una sentenza importante per la previdenza privata, perché, dichiara all’ANSA il presidente dell’Adepp (l’Associazione degli Enti, cui sono iscritti poco meno di un milione e mezzo di professionisti, ndr) Alberto Oliveti, “viene ribadita dai giudici finalmente la nostra autonomia gestionale, ai fini del perseguimento della finalità pubblica”.
Nel 2015, secondo dati Adepp, sono stati dati all’Erario “10 milioni 777.468 euro”. Adesso, riferisce il presidente della Cassa forense Nunzio Luciano, “possiamo chiedere il rimborso del pregresso versato”. “Grande risultato” per il presidente dell’Ente dei dottori commercialisti Walter Anedda: avendo lo Stato, nel 1994, scelto “di garantire ai professionisti un futuro previdenziale tramite degli Enti di diritto privato”, non può con interventi normativi alterarne “l’autosufficienza finanziaria”.