Pensioni, quello che Conte non dice: il ricalcolo contributivo taglia l'assegno di anzianità Pensioni, quello che Conte non dice: il ricalcolo contributivo taglia l'assegno di anzianità

Pensioni, quello che Conte non dice: il ricalcolo contributivo taglia l’assegno di anzianità

Pensioni, quello che Conte non dice: il ricalcolo contributivo taglia l'assegno di anzianità
Pensioni, quello che Conte non dice: il ricalcolo contributivo taglia l’assegno di anzianità

ROMA – Abolire la Fornero, nel senso della riforma delle pensioni, senza se e senza ma. [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] Questo il mantra battagliero in campagna elettorale che accomunava Lega e M5S: una volta di fronte alle responsabilità di governo, tuttavia, i se e i ma abbondano, sullo slogan fioriscono i distinguo, riemergono le diverse sensibilità ecc…

Tanto è vero che il presidente del Consiglio Conte nel tracciare i punti qualificanti del programma del contratto di governo ha ribadito la volontà di combattere i privilegi previdenziali e di fatto reintrodurre la pensione di anzianità eliminata dalla legge Fornero, ma si è guardato bene dal parlare di ricalcolo contributivo.

Non lo ha fatto perché Lega e M5S sono d’accordo su quota 100 (anni di contributi più età anagrafica) e quota 41 (con 41 anni di contributi si va in pensione a prescindere dall’età anagrafica) ma non sono d’accordo su che fine devono fare le future pensioni a requisiti ridotti: saranno tutte ricalcolate con il contributivo come vuole la Lega per non far saltare i conti, verranno utilizzati i coefficienti di trasformazione (legati all’aspettativa di vita) a 64 anni, quindi più penalizzanti sull’assegno?

M5S di penalizzazioni non vuol sentir parlare, vuole congelare gli automatismi che legano i requisiti all’aspettativa di vita, vogliono la “pensione di cittadinanza”, tutte le minime sopra i 750 euro a prescindere dai contributi. La Lega intende invece rimanere sui binari di una razionalizzazione del sistema che non sfori i 5 miliardi di costo preventivato.

Il ricalcolo è meno penalizzante di quello conosciuto con la sperimentazione “opzione donna” (che dovrebbe essere riproposta dal governo) poiché modificherebbe la valorizzazione solo dei versamenti successivi effettuati dal 1996 e fino al 2012 da parte di lavoratori con meno di 18 anni di contratto prima della riforma Dini. Secondo Alberto Brambilla, che nel toto-nomine è in corsa per un posto di vice-ministro al Lavoro, il penalty non sarebbe per tutti: i lavoratori che hanno avuto carriere piatte e senza aumenti retributivi negli ultimi anni (situazione assai diffusa dal 2008 in poi) non subirebbero quasi alcuna perdita, mentre una sensibile riduzione potrebbe arrivare per chi ha beneficiato di aumenti salariali (fino al 9-10% per un 64enne con oltre 20 anni di contributi). (Colombo e Rogari, Il Sole 24 Ore)

 

Gestione cookie