ROMA – Contributivo per tutti, ma a partire da quando? La fine del sistema retributivo (assegno previdenziale commisurato all’ultimo stipendio), entrato nell’orizzonte pensionistico italiano con la riforma Dini, è ancora troppo lontana dal dispiegare i suoi effetti. La pensa così il nuovo ministro del Welfare Elsa Fornero che come studiosa e adesso come esponente di punta del governo appena insediato, ritiene indispensabile accelerare i tempi. I primi pensionamenti calcolati interamente con il sistema contributivo “puro” non arriveranno prima del 2037, mentre dal 2033 saranno correnti gli assegni di anzianità secondo i meccanismi delle quote (età anagrafica + anni di contributi).
Il punto di vista della Fornero e delle modifiche in cantiere è riassunto da Gianni Trovati per il Sole 24 Ore. Chi va in pensione oggi riceve un assegno grosso modo molto vicino all’ultima retribuzione, perché la Riforma Dini permette il calcolo retributivo per chi abbia iniziato a versare contributi nel 1977. Dal momento che le quote impongono 36 anni di lavoro, i primi gruppi di pensionandi interessati dalla riforma matureranno i requisiti nel 2014, e vedranno aprirsi la finestra mobile nel 2015 (2016 gli autonomi). Il ministro del Lavoro Fornero, sentite le parti sociali, proverà a correggere il sistema, tentando di estendere il contributivo pro-quota a tutti i lavoratori in attività, indistintamente, senza considerare l’anno del primo contributo. Si consentirebbe in questo modo un risparmio immediato, andando a incidere su chi andrà in pensione nei prossimi cinque anni.
Si studia cioè l’ipotesi che per questa fascia considerata, il contributivo riguardi solo le annualità dal 2012, attenuando lo “scalone degli assegni” oggi in programma fra cinque anni. Anche per ammorbidire il brusco passaggio da retributivo a contributivo: se metà della vita lavorativa è calcolata con il primo sistema, l’adozione del secondo significa un alleggerimento dell’assegno troppo oneroso. Questo passaggio, in termini tecnici detto “tasso di sostituzione” non comporterà, anche con le nuove determinazioni, che la pensione possa scendere sotto il 66% dell’ultimo stipendio. Per gli autonomi arriverà alla metà (50-52% dell’ultima retribuzione) e questa è una sperequazione per la quale sarà necessario trovare dei rimedi.