ROMA – Pensioni. Contributo solidarietà illegittimo: Corte Conti rinvia alla Corte Costituzionale. Ripristinato dopo il maquillage del governo Letta, il contributo di solidarietà imposto sulle pensioni oltre 14 volte il minimo, torna di nuovo alla Corte Costituzionale che dovrà valutarne il profilo di legittimità, dopo l’alt del 2013 che aveva soppresso il taglio del governo Berlusconi.
Stavolta è la Corte dei Conti del Veneto (leggi qui la sentenza) a chiamare in causa i giudici del Palazzo della Consulta, accogliendo il ricorso di un gruppo di ex magistrati, docenti, dirigenti e ufficiali. Le questioni di merito restano le stesse. Il contributo di solidarietà, una tassa per i cosiddetti pensionati d’oro, scontava un vizio di incostituzionalità perché, citando la prima sentenza della Corte Costituzionale, si configurava come “una decurtazione patrimoniale definitiva […] con acquisizione al bilancio statale del relativo ammontare”.
Il governo Letta, comminando il taglio bis, lo aveva rappresentato come un obbligo fiscale dal carattere eccezionale, limitato nel tempo “al fine di concorrere al finanziamento” degli esodati intrappolati dalla riforma delle pensioni). La Corte dei Conti ne illustra invece il carattere di escamotage.
Perché anche se i soldi del contributo restano all’Inps non fa differenza, trattandosi di un “ente strumentale” dello Stato.
Perché non tutti quei soldi vanno alla risoluzione finanziaria del problema esodati.
Perché sebbene il contributo sia provvisorio, quei soldi non sono più recuperabili.
Perché resta un “prelievo tributario”, che come tale deve essere commisurato alla “capacità contributiva” dei cittadini i quali sono uguali di fronte alla legge (leggi, perché i pensionati sì e i facoltosi in attività no?): dunque il taglio, secondo la Corte dei Conti, in un solo colpo viola due articoli della Costituzione (art. 3 sull’uguaglianza, il 53 sulla capacità contributiva).