Tito Boeri affronta il tema delle “pensioni d’oro” con una ottica nuova, di realismo e dice: rendiamo pubblico non solo quanto prendono i pensionati, ma anche quanto hanno versato, così vedremo se le loro pensioni sono frutto di privilegi ingiusti o di contributi realmente pagati. Come poi il Governo possa ribaltare condizioni di miglior favore frutto di leggi e soprattutto estese a un numero enorme di pensionati è tutto un altro film. Ma nel Paese dell’odio e dell’invidia, il dibattito serve a mantenere l’allenamento.
Non è una strada che piace alla demagogia imperante, e forse non è un caso che Repubblica abbia pubblicato l’articolo nella pagina dei commenti anziché in prima, come di solito fa con Tito Boeri. Ma si può capire. L’articolo comincia con un garbato ma severo attacco al sottosegretario Carlo Dell’Aringa (autore già in passato di sparate demagogiche):
“Non sappiamo cosa lo abbia spinto a pubblicare l’elenco delle dieci pensioni più generose erogate dall’ Inps. Non crediamo che il suo intento fosse quello di alimentare l’invidia, […]sentimento molto diffuso nel nostro Paese. Non c’è alcun bisogno di alimentarlo”.
Tito Boeri spera che
“il vero intento del ministero del Lavoro sia quello di preparare il terreno a un qualche taglio (o prelievo) sulle pensioni d’oro”,
anche se questo è un terreno scivoloso; il Governo ci ha già battuto il naso con la Corte costituzionale appena qualche mese fa; inoltre, dietro i casi esposti sulla colonna infame delle pensioni top, ci sono quante decine di migliaia di ex dipendenti pubblici o parapubblici che godono degli stessi vantaggi? Quanti postini in pensione? quanti telefonici?
Sarà un caso, ma i sindacati più forti nel settore pubblico se ne stanno ben defilati, a parte qualche generico appello alla giustizia sociale.
Se è d’oro la pensione di Mauro Sentinelli, in proporzione ai contributi versati sono altrettanto d’oro, e nell’insieme molto più onerose per i contribuenti, le pensioni di quell’esercito di ex Sip e Telecom e Poste e quant’altro che hanno goduto degli stesso criteri di calcolo. E se vogliono tagliare la pensione a Sentinelli, devono per forza tagliarla anche a loro.
Se la giustizia sociale è l’obiettivo del governo, Tito Boeri esorta a
“rendere pubblico al più presto quanto i beneficiari di questi mega assegni hanno versato nel corso della loro intera carriera lavorativa. In altre parole, bisogna rendere noti non solo i livelli delle pensioni d’oro, ma anche i rendimenti impliciti che sono stati concessi dal sistema previdenziale pubblico ai contributi versati dai pensionati d’oro e dai loro datori di lavoro.
“Se non si rendono pubbliche queste informazioni sarà sempre possibile sostenere che, dopotutto, i beneficiari di queste prestazioni milionarie se le sono pagate coi loro contributi in anni di lavoro”.
Spiega Tito Boeri:
“Ogni pensione calcolata in Italia con un metodo diverso da quello contributivo, quello che oggi viene praticato a tutti i contributi versati dai lavoratori italiani, attribuisce prestazioni superiori ai contributi versati in termini attuariali, attribuisce prestazioni superiori a quanto pagato o accantonato.
“E il sospetto è poi che non pochi dei pensionati d’oro abbiano potuto fruire di regalie molto generose fatte per ragioni di consenso elettorale soprattutto negli anni Settanta e Ottanta, scaricandone i costi sui contribuenti futuri. Ricordiamoci che ai lavoratori autonomi negli anni di esplosione del debito pubblico era stato concesso di andare in pensione con le regole del metodo retributivo, quelle che consentivano allora versando i contributi negli ultimi tre anni di una carriera di ottenere poi pensioni del 70%-80% dell’ultimo reddito dichiarato”.
Ricorda anche una prassi diffusa in passato (ma eliminarne le storture rischia di provocare una rivoluzione) quando
“a molti lavoratori dipendenti prima della riforma Amato venivano aumentati i salari negli ultimi anni in modo tale da permettere loro di ricevere una pensione più alta, perché parametrata alle retribuzioni degli ultimi 5 anni”.
Non si parla dei parlamentari: ma con che faccia vanno a toccare le pensioni altrui senza mettere in discussione anche le proprie?
“I dati sui rendimenti impliciti servirebbero anche a meglio calibrare gli interventi perequativi. Ad esempio, si dovrebbe ridurre l’ammontare delle quiescenze a chi soddisfa due criteri: il primo è quello di ricevere un ammontare totale di pensioni (ci sono molte persone che percepiscono più di una pensione) al di sopra di una certa soglia;
“il secondo è quello di ottenere questo reddito prevalentemente da una pensione il cui rendimento implicito è molto elevato. Il primo criterio (quello che guarda all’ammontare complessivo delle pensioni) serve a tutelare il principio di equità redistributiva, sostenendo nella vecchiaia chi non ha accumulato abbastanza contributi”.
Non ricorda, Tito Boeri, che può accadere che qualcuno abbia lavorato in più settori e percepisca due pensioni distinte, non avendo voluto sostenere l’onere, spesso ingente, della ricongiunzione. Non ricorda soprattutto che tra i più scandalosi casi di pensioni doppie ci sono ancora una volta i parlamentari: quelli che sono stati o sono giornalisti ricevono una integrazione pensionistica che fa impallidire anche Sentinelli.
In ogni caso non si può non concordare con Tito Boeri quando dice:
“Pubblicare i rendimenti impliciti di ogni prestazione oggi erogata dal sistema pubblico rispetto ai contributi versati sarebbe una vera operazione di trasparenza sulle iniquità del nostro sistema previdenziale. Servirebbe anche a rafforzare conoscenze finanziarie di base per chi deve costruirsi il proprio futuro previdenziale. Capire cosa ci può attendere dal sistema pubblico rispetto a quanto accaduto ai propri genitori è importante per permettere alle nuove generazioni di trovare correttivi, ad esempio spingendo chi può farlo a costruirsi forme previdenziali integrative”.
Qui siamo un po’ nell’utopia,ma continuiamo a sperare nel meglio.
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