ROMA – Il ministro Fornero dice 65 mila esodati, anzi salvaguardati, alla fine del censimento che avrebbe dovuto metter fine alla girandola di numeri, alla guerra delle cifre. Ha avuto l’ultima parola ma non ha chiarito. Non lo sostengono solo i sindacati che oggi manifestano per gli esodati, non è contraddetta dai solo dai dati forniti dall’Inps. Anche il Sole 24 Ore in prima pagina, al di là del merito, critica il ministro, accusato nemmeno troppo velatamente di giocare con i numeri. A parte l’ovvia ma triste circostanza che senza un accordo almeno sui dati aritmetici ogni forzatura è lecita, ogni dichiarazione improvvisata assume dignità intellettuale, l’articolo di Salvatore Padula lamenta l’assenza di una quantificazione precisa dei diversi casi di lavoratori che rischiano di trovarsi senza tutela, nel limbo di chi è senza reddito e senza pensione.
“Ci saremmo aspettati una risposta “tecnica””. E invece cosa l’ha fatto a fare questo censimento che guarda caso replica esattamente i numeri forniti la prima volta da Fornero stessa? Dove sono in dettaglio i criteri per definire chi è esodato vero e chi no? Mancano i dati su quanti sono i lavoratori in mobilità lunga e breve, quanti a carico dei fondi di solidarietà, quanti tra il milione 400 mila nel novero di chi ha scelto la prosecuzione volontaria dei contributi meritano una tutela o l’esenzione dalle nuove regole della Riforma.
I risultati del censimento non spiegano, non aggiungono, non correggono e soprattutto non sono stati comunicati, a parte la cifra indicata da Fornero che come dicevamo si desumeva già dal decreto Salva Italia e dal Milleproroghe e per i quali sono stati già messi a bilancio i 5 miliardi di fondi per finanziarne i pensionamenti fino al 2019. Mancano i numeri sui lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro prima del 31 dicembre 2011 per effetto di accordi individuali o collettivi di incentivo all’esodo e che maturino i requisiti pensionistici entro due anni dal 6 dicembre 2011.
Manca il dettaglio sui lavoratori finiti in cassa integrazione a seguito di fallimenti, concordati preventivi, liquidazione coatta con la prospettiva della pensione con le vecchie regole che, con la riforma, si allontana. I titolari di Cig non rientrano nei conteggi della mobilità, ma non hanno prospettive di riprendere a lavorare in aziende ormai chiuse e sono troppo anziani per cercarsi un nuovo lavoro. Soprattutto, quanti sono? Si sa che sono nel mazzo di chi è stato autorizzato a versare contributi volontari, un numero enorme, 1 milione 400 mila, che non è stato contestato.
“Rischiamo che agli esodati che hanno ricevuto incentivi si garantisca la pensione, mentre i disoccupati che hanno perso il lavoro senza accordi particolari passino in coda. Pur adottando criteri severi, credo si arrivi a quota 200 mila”. Un altro che spara numeri a caso, magari della Cgil, o della Uil? Si tratta invece di Giuliano Cazzola, vicepresidente della Commissione parlamentare che si occupa dello spinoso problema, deputato Pdl e già direttore generale al Ministero del Lavoro. Magari, anche lui, specularmente ai sindacati, ha interesse che il peso della tutela di questi lavoratori sia spostato dalle aziende allo Stato e magari, rispetto a rigore ed equità Fornero non abbia torto. Tuttavia, come conclude nell’affondo Salvatore Padula “dietro ai numeri ci sono persone reali, ci sono storie, ci sono drammi: un po’ più di attenzione sarebbe almeno stato un segno di rispetto”.