ROMA – Al massimo altri 25 mila “esodati” meritano la salvaguardia che il Governo ha concesso per ora ai 65 mila lavoratori nel limbo tra pensione e stipendio: non certo tutti i 390 mila conteggiati dall’Inps. Lo sostiene il giuslavorista Pietro Ichino con una lettera al Corriere della Sera: a malincuore, con grande rispetto per l’inevitabile disagio provocato dall’attuazione della riforma, Ichino dà sostanzialmente ragione al ministro Fornero. Si deve fare, si sta facendo, ciò che ogni governo degli ultimi vent’anni ha omesso di fare: estendere la riforma delle pensioni del ’95, a tutti, non solo ai ventenni trentenni, ma anche ai 50/sessantenni. ”Già con il decreto “salva Italia” – spiega il senatore Ichino – del dicembre scorso sono stati “salvaguardati”, cioè esentati dall’applicazione delle nuove regole, circa 65.000 sessantenni senza lavoro e molto prossimi al pensionamento secondo le regole vecchie. Oggi a chiedere di essere “salvaguardati” sono moltissimi altri, un po’ meno vicini al traguardo”.
Il governo Monti ”ha dovuto fare in due settimane quello che avrebbero dovuto fare i governi precedenti nell’arco di due decenni, estendendo la riforma del 1995 a tutti”. Non farlo significa perseverare nell’errore, non riconoscere che con l’innalzamento della aspettativa di vita è impossibile garantire 23/24 anni di pensione a fronte di 37/38 di contributi. Un terzo dello stipendio per finanziare una pensione di 4/5 dell’ultima retribuzione non è oggettivamente sostenibile. Lo è stato perché ci ha messo i soldi lo Stato/Pantalone, gonfiando a dismisura un debito pubblico uscito fuori controllo: a dicembre i nodi sono giunti definitivamente al pettine. Moltissimi degli esodati che reclamano la salvaguardia (e cioè le vecchie regole) sono ancora in età da lavoro: bisogna favorirne la riassunzione, non mandarli in pensione prima.
Oltre ai ”circa 24.500 lavoratori per i quali un accordo stipulato prima della fine del 2011 ha previsto la cessazione del lavoro dal 2012 in poi, con o senza assistenza di un fondo di solidarieta”’, ”tra gli altri aspiranti potrebbero annoverarsi tutti i cinquantenni e sessantenni attualmente disoccupati”.
Questi ultimi, suggerisce Ichino, ”non devono essere incoraggiati a uscire definitivamente dal tessuto produttivo, ma aiutati a rientrarvi, con tutti gli incentivi e le agevolazioni possibili per favorire il loro ritorno a un’occupazione retribuita adatta a loro, ancora per qualche anno. La soluzione deve consistere in una norma speciale che estenda, nella misura delle disponibilità finanziarie, il trattamento di disoccupazione, e al tempo stesso istituisca alcuni forti incentivi all’ingaggio di queste persone”.
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