Farmacisti in pensione: nelle liberalizzazioni c’è l’obbligo a 65 anni

ROMA – I farmacisti italiani, reduci da un lungo braccio di ferro sulle liberalizzazioni, tornano sulle barricate. Il passaggio incriminato riguarda un chiarimento sul comma 17 dell’articolo 11. Viene indicata l’età pensionabile raggiunta la quale i titolari di attività farmaceutiche dovranno lasciare la responsabilità tecnica a un direttore: 65 anni.

Limite inaccettabile, secondo il presidente di Federfarma, Annarosa Racca, che ha proclamato uno sciopero per giovedì 29 marzo, contestato dall’Autorità garante perché annunciato senza il necessario preavviso di 10 giorni.

Nella giornata di lunedì il Tar della Lombardia ha accolto il ricorso dei parafarmacisti lombardi riconoscendo loro il diritto a vendere tutti i medicinali prescritti su ricetta bianca, dunque a totale carico del cittadino. Il decreto sulle liberalizzazioni aveva negato questa possibilità, ma ora la questione viene riaperta.

Profondo però il disappunto per la norma sui pensionati over 65, giudicata “iniqua, in certe situazioni inapplicabile e in controtendenza”, rispetto al comportamento di un’Italia che va in pensione sempre più tardi. Succederà che raggiunta l’età della pensione il professionista dovrà assumere o passare a un collega più giovane la guida dell’impresa. Non viene fatta distinzione, nella circolare del ministero della Salute, tra società di farmacisti che dunque possono permettersi il cambiamento, e piccole imprese rurali dove oltre al titolare lavora un solo magazziniere.

Annarosa Racca spiega al Corriere della Sera le ragioni dello sciopero: “Abbiamo dato al governo la massima collaborazione. Avremmo dovuto attuare un giorno di chiusura l’1 febbraio, poi abbiamo ripreso il dialogo. Ed ecco la tegola dell’età pensionabile. C’è di mezzo Pasqua e non un’altra data utile. Eppure il Senato aveva ristretto l’obbligo di passaggio delle consegne alle società. Ci vogliono rottamare, diffideremo le Regioni dall’applicare la circolare”.

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