ROMA – Secondo l’ex ministro Elsa Fornero si potrebbe prevedere un sistema di pensionamenti anticipati con una decurtazione dell’assegno pari al 3-3,5% per ogni anno di anticipo. Fornero condivide che sia arrivato il tempo per reintrodurre flessibilità nell’età di pensionamento, ma mette in guardia dal trasferirne il costo sulle generazioni giovani.
Sulla linea cioè dell’attuale presidente dell’Inps Tito Boeri con il quale concorda anche sulla necessità di un contributo di solidarietà dalle pensioni più ricche calcolato sulla differenza a loro vantaggio tra sistema retributivo e contributivo.
Il taglio della pensione per chi decide di uscire prima dell’età di vecchiaia che potrebbe mettere insieme le ragioni della finanza pubblica e l’esigenza di maggiore flessibilità potrebbe essere “del 3-3,5% l’anno. Le condizioni di emergenza nelle quali nacque la riforma sono in parte superate”.
“Sotto il profilo della finanza pubblica – dice Fornero – l’Italia resta in situazione difficile ma si può recuperare un po’ di flessibilità’. Oggi ha senso – spiega a proposito degli interventi di riforma annunciati dal Governo per la prossima legge di stabilità – recuperare un po’ di flessibilità perché la situazione di emergenza nella quale la riforma fu introdotta è superata. L’Italia però resta in una situazione difficile e gli interventi devono essere molto ponderati”.
Fornero ribadisce l’utilità di un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, quelle che hanno avuto i maggiori vantaggi dal sistema di calcolo retributivo, e ribadisce di non comprendere le ragioni per le quali questa strada, che andava nel senso della riduzione delle diseguaglianze, sia stata rifiutata nella sostanza dalla Corte Costituzionale.
La regola per un eventuale anticipo dell’uscita rispetto all’età di vecchiaia, spiega, non può essere quella di calcolare l’assegno tutto con il metodo contributivo, perché questo sarebbe eccessivamente penalizzante (all’opzione donna che consentiva di uscire a 57 anni di età e 35 di contributi, infatti, hanno aderito solo in minima parte).
“Non tornerei alle quote – dice – né condivido il riemergere di vecchie logiche – come quelle avanzate da alcuni sindacati – che pensano al pensionamento anticipato come strumento per aumentare l’occupazione dei giovani. Ritengo però che la riduzione dell’assegno per chi vuole andare in pensione prima vada calcolato secondo criteri non lontani dall’equità attuariale, ed essere quindi del 3-3,5% per ogni anno di anticipo rispetto all’età di vecchiaia, e magari con criteri più generosi per i lavoratori precoci e per certe categorie di lavori particolarmente faticosi”.
In questo modo un anticipo di tre anni costerebbe al pensionato il 10% dell’assegno a fronte del 25-30% al quale si potrebbe arrivare calcolando tutto con il contributivo. Quest’ultima sarebbe – dice – una ”finta flessibilità” perché sarebbe una scelta troppo onerosa per il lavoratore. Un taglio limitato al 3-3,5% avrebbe comunque un onere per la finanza pubblica ma sarebbe meno costoso delle altre proposte in campo come la Baretta-Damiano e quella sulla quota 100 tra età e contributi.