Pensioni, Imu, fisco: la manovra secondo gli economisti

ROMA – Una manovra di “efficacia dubbia”: è il commento dell’economista e direttore de LaVoce.info Tito Boeri. Alla Stampa Boeri dice che non c’è una posizione ufficiale de LaVoce, ma “siamo tutti andati avanti a scambiarci opinioni man mano che nuovi dettagli si rendevano disponibili”.

I difetti principali della manovra, secondo Boeri, sono la mancanza di “crescita”, la posticipazione delle misure per riformare il l lavoro: “significa quasi sicuramente rimandarle alle calende greche”. E mentre “la pressione fiscale salirà oltre il 16 per cento e il peso delle entrate sul Pil sorpasserà il 50 per cento”, sull’equità promessa dal presidente del Consiglio “si può fare molto meglio”. Soprattutto, sui costi della politica si poteva fare di più, cominciando dal “rivedere i compensi dei parlamentari portandoli in linea con quelli dei loro colleghi europei”.

Una “grande novità” è invece “aver affrontato finalmente le pensioni di anzianità, su cui si era arenato il governo Berlusconi”, anche se non c’è stato un superamento vero e proprio.

Ma ecco i pareri degli altri economisti de LaVoce raccolti dalla Stampa.

Imu sulla prima casa. Secondo Alberto Zanardi, professore ordinario di scienza delle finanze presso l’Università di Bologna, tassare la prima casa è positivo ma migliorabile: “attraverso l’Imu il governo raccoglierà 11 miliardi su 30 complessivi della manovra. Il provvedimento ha diversi pregi: torna la tassazione sulla prima casa, aumenta il gettito con una tassa che non incide sulla crescita e ridà ai comuni una potente leva di fiscalità. Più discutibili la compartecipazione dello Stato a un tributo locale, l’inasprimento sulle locazioni e la mancata soluzione delle iniquità del sistema delle rendite catastali. L’impressione è che si possa forse andare verso un nuovo modello di federalismo fiscale con più autonomia e meno solidarietà”.

Pensioni. Per Sandro Gronchi, Presidente del Corso di Laurea in Relazioni Economiche Internazionali dell’Università La Sapienza, i provvedimenti varati dal governo sono “una buona partenza per un generale riordino di cui si sentiva davvero il bisogno. E’ finalmente recuperata la flessibilità attraverso il ripristino di una fascia d’età pensionabile che dal 2018 sarà unica per tutti i lavoratori, indipendentemente dal genere e dalla categoria. La fascia d’età pensionabile riguarderà non solo i lavoratori totalmente contributivi, entrati in assicurazione dopo il 1995, ma anche quelli entrati in precedenza. Il blocco temporaneo dell’indicizzazione dovrebbe essere riassorbito in un ulteriore provvedimento strutturale riguardante l’istituzione di un meccanismo autenticamente contributivo”.

Professioni. Michele Pellizzari, docente Università Bocconi e Giovanni Pica, Università di Salerno, chiede di riformare gli ordini anche senza deregolamentare. “Gli ordini, se vogliono sopravvivere, devono tornare al loro compito originario di custodi della qualità dei servizi prestati e non di custodi del potere dei loro iscritti”.

Fisco.  Sostiene l’ex ministro dell’Economia Vincenzo Visco: “La lotta all’evasione fiscale sembrava essere un punto centrale del programma del nuovo governo. Invece, dalle misure varate emerge continuità con il recente passato. Non affronta alla radice il problema dell’evasione di massa nel nostro Paese. Quasi che fosse più facile e meno impopolare bloccare l’indicizzazione delle pensioni piuttosto che aggredire evasione ed evasori”.

Province. Guglielmo Barone, economista della Banca d’Italia, il superamento dell Province annunciato da Mario Monti “richiederà tempi lunghi, dal momento che le province sono previste dalla Costituzione. Nel frattempo, il cosiddetto decreto salva-Italia prevede un forte snellimento di giunte e consigli provinciali. Intanto il loro numero cresce: da 95 a 110 negli ultimi venti anni. Ma alla nascita di otto nuove province nel corso degli anni Novanta e al conseguente frazionamento territoriale non ha fatto seguito alcun miglioramento nella qualità di alcuni beni pubblici offerti”.

Conti pubblici.  Per il professore di Politica Economica all’Università di Parma Francesco Daveri “ridurre il costo del lavoro aiuterebbe anche il deficit. Senza la possibilità di svalutare, l’unico rimedio consiste nella riduzione dell’Irap oggi e dei contributi sociali domani, quando la riforma delle pensioni sarà entrata a regime. È l’unica svalutazione oggi alla portata di mano dell’Italia: la riduzione del costo del lavoro. Una manovra che riduce il deficit pubblico infatti è recessiva, tranne in casi isolati. Se per ridurre il deficit si aumentano le tasse sul reddito personale, ciò riduce il reddito disponibile e deprime i consumi. Un aumento delle tasse indipendentemente da come è attuato è solitamente recessivo”.

Frequenze Tv. Carlo Cambini, ricercatore Politecnico Torino, e Antonio Sassano, ordinario Facoltà di Ingegneria Università di Roma “La Sapienza”, pensano che l’asta delle frequenze televisive andrebbe concepita “in modo che non danneggi nessuno, comprese le emittenti locali. Oltre a far entrare nelle casse dello Stato almeno un miliardo di euro”.

 

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