Pensioni, incubo ritorno alla Fornero dopo quota 100: ipotesi flessibilità dopo 62 anni, 41 anni contributi…

Pensioni, a fine anno termina quota 100 e si teme il ritorno alla riforma Fornero. Ministero del Lavoro e sindacati si riuniranno per trovare una formula che impedisca si torni a una delle riforme più odiate degli ultimi anni.

I capisaldi della trattativa sono la flessibilità in uscita dopo i 62 anni di età e i 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. L’incontro tra Orlando e i sindacati è fissato per il 27 luglio. 

Pensioni, fine quota 100: Orlando e i sindacati si incontrano il 27 luglio

Sul tavolo, il nodo dell’ormai incombente fine di quota 100. Con i sindacati che già da tempo c’entrano la questione sulla “flessibilità in uscita dopo 62 anni di età”. Il ministro del Lavoro Orlando guarda invece con maggiore attenzione dalla parte opposta del mercato. Cioè quella dei giovani che nel mercato ci entrano, e di come offrirgli adeguate garanzie per il futuro.

La sfida – che secondo il governo non può guardare soltanto nella direzione dell’anticipo della pensione – porta in dote anche un terzo invitato che, tanto nelle parole quanto nei fatti, avrebbe la precedenza in questo frangente storico post-Covid piagato dall’emergenza economica: la riforma degli ammortizzatori sociali.

Cgil, Cisl e Uil non perdono tempo nel ribadire la loro richiesta. Un intervento complessivo sulla previdenza entro l’anno, partendo dalla Piattaforma unitaria presentata al Governo.

Le ipotesi dopo quota 100: flessibilità dopo 62 anni e 41 anni di contributi

I capisaldi riguardano: flessibilità in uscita dopo 62 anni di età, 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica (già bocciata dai conti dell’Inps perché troppo costosa, oltre 9 miliardi a fine decennio), riconoscimento previdenziale dei lavori gravosi, rilancio della previdenza complementare, ripristino della piena rivalutazione delle pensioni e ampliamento della quattordicesima.

Cosa succede dopo quota 100

La fine di quota 100 – che ha permesso il pensionamento anticipato di 253mila persone – bussa alla porta a fine anno. La misura (almeno 62 anni di età e 38 di contributi per l’uscita anticipa dal lavoro) lascerà il posto al pensionamento di vecchiaia a 67 anni come strada principale. A parte la possibilità di uscire con 42 anni e 10 mesi di contributi.

Il ragionamento di Orlando però è diverso non tanto sui contenuti quanto sul contenitore. Meglio, sull’uscita e sull’ingresso da quel contenitore. Il ministro ha provato, infatti, a smorzare gli entusiasmi pochi giorni fa, proprio mentre l’Inps presentava la sua relazione annuale. Il dibattito sulle pensioni è “eccessivamente concentrato sulla flessibilità in uscita e sulla possibilità di anticipo dell’uscita dal mercato del lavoro”, mentre bisognerebbe “concentrarsi sulle prospettive che riguardano in particolare gli assegni delle nuove generazioni”.

Tra le ipotesi scodellate per il dopo quota 100, introduzione di quota 102 (sempre 38 anni di contributi con 64 anni di età), proroga dell’Ape sociale, opzione donna, rafforzamento del contratto di espansione che introduce di fatto una sorta di ‘staffetta generazionale’. 

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