I giudici della Corte di Cassazione confermano, a proposito delle pensioni di invalidità, la legislazione vigente che impone lo stop all’erogazione al compimento dei 65 anni.
La norma era stata messa in discussione dal ricorso di una signora contro l’Inps e dalla sentenza favorevole in sede di Corte d’Appello. In pratica, i giudici hanno ribadito che per gli incidenti verificatisi oltre la soglia anagrafica dei 65 anni (aggiornati a 67 dalla legge Fornero) non si riconoscono più i requisiti di invalidità civile. Essendo in vigore il riconoscimento dei requisiti per l’ottenimento della pensione sociale.
La Corte di Cassazione ha stabilito (dando ragione all’Inps) con l’ordinanza n. 3011/2023 che il trattamento previdenziale non può essere riconosciuto “a favore di soggetti il cui stato di invalidità si sia perfezionato con decorrenza successiva al compimento dei sessantacinque anni”. La soglia anagrafica varia poi sulla base dei requisiti pensionistici e dal 2023, infatti, la pensione di invalidità civile e quella di inabilità sono riconosciute da 18 anni a 67 anni.
La regola generale che si riesce a trarre da questa ordinanza è dunque che compiuta l’età di accesso per l’assegno sociale si perde il diritto alla pensione di invalidità e di inabilità. Entrambi questi trattamenti devono essere sostituiti dall’assegno, il quale non è altro che l’ex pensione sociale.
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