Pensioni e adeguamento all’inflazione. Con il cedolino di marzo scatta l’adeguamento degli assegni sopra quattro volte il minimo (2.101,52 euro). L’aggiustamento all’inflazione, calcolata al 7,3%, giunge insieme con gli arretrati di gennaio e febbraio.
La perequazione non è però totale, ma cala con l’alzarsi del reddito previdenziale. Chi ha un reddito da pensione superiore a 2.101,52 euro riceverà a marzo la rivalutazione della pensione rispetto all’inflazione sulla base delle percentuali inserite in legge di bilancio.
Chi ha un reddito da pensione fino a quattro volte il minimo ha già ricevuto l’assegno maggiorato del 7,3% da gennaio.
Chi ha un reddito tra le quattro e le cinque volte il minimo lo vedrà rivalutato dell’85% del 7,3% ovvero del 6,205% mentre chi conta su un reddito da pensione tra le cinque e le sei volte il minimo (da 2.626,91 a 3.152,28 euro) riceverà solo il 53% dell’inflazione pari a una rivalutazione del 3,869%.
Le percentuali di rivalutazione scendono all’aumentare dell’importo della pensione (insieme dei redditi pensionistici) fino ad arrivare ad appena il 32% di rivalutazione per chi ha assegni superiori a 10 volte il minimo (5.253,81 euro al mese) con il recupero rispetto all’aumento dei prezzi del 2,336%.
L’Inps ricorda che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2022 è determinata in misura pari a +7,3% dal 1° gennaio 2023, “salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l’anno successivo”.
L’Istat ha poi certificato che i prezzi sono saliti dell’8,1% nel corso del 2022: la differenza, in positivo per i pensionati, verrà recuperata con l’adeguamento del prossimo anno.