Anno 2022, inflazione per così dire generale e ufficiale stimata al 7,3 per cento. Detta in soldoni in termini di potere di acquisto quel che prima compravano 100 euro (prima era inizio anno) a fine anno ce ne volevano 107,3 di euro per comprarlo (si può anche dire che 100 euro sottoposto a inflazione 7,3 per cento valgono 92,7 euro ma è decisamente impreciso quanto facilmente intuitivo). Da legge Bilancio appena votata dal Parlamento (29 dicembre) le pensioni in essere devono essere rivalutate secondo e a seguito dell’inflazione.
Il governo ha cambiato, e non poco, il quanto della rivalutazione, il quanto in più nell’assegno pensionistico. Un in più che comunque nel migliore ed estremo dei casi configura un pareggio con l’inflazione. Un in più che aumenti il valore reale delle pensioni non esiste e, francamente, sarebbe non difficilmente possibile ma del tutto impossibile dove le pensioni in essere sono circa 22 milioni, i pensionati circa 17 milioni e più di un terzo delle pensioni pagate a pensionati non hanno alla base che zero o pochissimi contributi. Già il sistema previdenziale si regge, con qualche fatica, su contributi e tasse pagati, in gran maggioranza se non in esclusiva dai percettori di redditi dichiarati sopra i 35 mila euro annui e su un deficit Inps non chiamato come tale ma battezzato come assistenza, metterci sopra aumento reale delle pensioni sarebbe attaccare piombo e massi al lato pendente della Torre di Pisa Inps.
Governo Meloni ha deciso e legiferato: recuperano il 7,3 per cento dell’importo precedente della pensione solo le pensioni fino a 2500 euro lordi mensili. Per queste pensioni, al lordo delle tasse, la rivalutazione è quindi del cento per cento dell’inflazione ufficiale. Poi però, mano mano che sale l’importo delle pensione percepita, il recupero, il quanto del recupero cala. Al novanta, al cinquanta, al 32 per cento dell’inflazione. Quindi ci saranno pensioni che, al lordo delle tasse, aumenteranno del 5, del 4, del 2 per cento dell’importo precedente. Il quanto sarà infatti il 90 o il 70 o il 50 o il 40 o il 32 per cento di 7,3 per cento dell’importo precedente. Per la risultante precisa attendere la prima pensione pagata nel 2023.
La pensione rivalutata da inflazione al 3 gennaio è stata pagata da Inps solo ai pensionati con trattamento fino a 2.100 euro lordi, quelli su cui Inps era sicura di non sbagliare i conti e di non dover andare poi magari a recuperi (la Legge di Bilancio incerta e comunque non legge fino al 30 dicembre). Per gli altri pensionati e pensioni l’ineguale e parziale rivalutazione da inflazione arriverà dice Inps “alla prima scadenza utile”. Dovrebbe essere mercoledì 1 febbraio.