ROMA – Se oggi avete 30 e guadagnate mille euro potreste prenderne la metà quando andrete in pensione. Ma se siete un lavoratore autonomo potrebbe andarvi anche peggio. Le simulazioni arrivano da Libero Quotidiano.
Un articolo firmato da Antonio Castro racconta le pensioni (povere) che gli italiani prenderanno con le simulazioni che il governo Renzi non fa vedere. Dati che dipendono non solo da quanto uno lavora, ma dall’andamento del Prodotto interno lordo, cioè dalla ricchezza prodotta dal Paese Italia, dalle aspettative medie di vita e, ovviamente, da quanto si è lavorato.
Dopo la legge Fornero prima di 68 anni pare improbabile riuscire ad andare in pensione. Considerate poi le novità del Jobs Act, scrive Castro,
” l’attuale carriera contributiva è fatta spesso di pochi contributi, lunghi periodi di inattività proprio nei primi 20 anni di accumulo. Un ventennio di accumulo fondamentale soprattutto con il sistema contributivo (che ha scalzato il retributivo), periodo che dovrebbe costituire le fondamenta del castelletto previdenziale. Il rischio è che la bassa crescita porti fra qualche decennio (…) insieme alla mancanza di continuità nei versamenti a pensioni irrisorie, comunque non in grado di garantire una vecchiaia dignitosa. La colpa non è solo dei sistemi di calcolo delle nostre pensioni (retributivo vs contributivo), e neppure della crisi, ma anche della scarsa chiarezza degli enti preposti e, in primo luogo, del governo.
Secondo la simulazione realizzata un 30enne con un reddito netto mensile di mille euro potrà contare su una pensione tra i 514 euro (se l’economia dovesse continuare a ristagnare), e di 600 euro al mese (sempre che il Pil torni a correre). Ancora peggio per il lavoratore autonomo (30enne con 1.000 euro al mese di reddito). Potrà contare su un assegno di appena 432 euro al mese.
Non andranno meglio le cose neppure per i redditi più alti (2/3mila euro), addirittura più penalizzati. Tanto più che la famosa integrazione al minimo (per il 2014 è stato fissata a 501,38 euro), per chi andrà a riposo con il sistema contributivo non esisterà più.
Con il retributivo lo Stato integrava la pensione di chi non aveva versato contributi a sufficienza. E per cui il reddito da pensione risultava inferiore ad un livello fissato dalla legge, considerato il «minimo vitale». Con il contributivo l’integrazione sparirà. Con il paradosso che chi oggi versa contributi per 30/35 anni, avrà un assegno inferiore al pensionato attuale «integrato al minimo».”
I commenti sono chiusi.