ROMA – L’anticipo pensionistico consentito dalla formula “quota 100” non è gratuito: l’assegno arriva prima (rispetto ai criteri della riforma Fornero) ma si paga, da un minimo del 5% di decurtazione, a un massimo del 21%. “Quota 100” consente di andare in pensione accoppiando età anagrafica (minimo 62 anni) ed età contributiva (minimo 38 anni). Con l’aiuto del Sole 24 Ore e le simulazioni della società di ricerca Tabula di Stefano Patriarca, vediamo caso per caso le oscillazioni del valore dell’assegno a seconda delle diverse condizioni anagrafiche e contributive, per verificare se e a quale prezzo convenga scegliere l’opzione anticipo pensioni offerta da questa soluzione in attesa del suo definitivo accoglimento nella legge di bilancio.
21%. Un lavoratore con uno stipendio netto di 1600 euro vedrà assottigliarsi del 21% l’assegno previdenziale se sceglie l’uscita anticipata a 62 anni.
8%. La decurtazione scende all’8% se l’anticipo è molto più contenuto, cioè un anno e tre mesi rispetto ai 67 anni della pensione di vecchiaia.
Tra l’11e il 5%. Tra l’11% e il 5% per il lavoratore con stipendio da 2mila euro che a 64 anni decide di lasciare l’ufficio dai tre anni a un anno e tre mesi prima.
“La manovra consente il pensionamento da 62 anni con 38 di contribuzione, e cioè a un’età e con un livello di versamenti che rende la pensione superiore a quanto motivato dai contributi” spiega Patriarca. L’assegno subisce una decurtazione in ragione del peso di questo nuovo privilegio: ”per chi si trova nel cosiddetto sistema misto (cioè con 18 anni di contributi versati prima della riforma del 1995) – conclude il Sole 274 Ore – e che l’anno prossimo maturerà 62 anni di età e 38 anni di versamenti, l’uscita scatterebbe con due anni in meno rispetto all’età di equilibrio contributivo (64 anni, da confrontare con i 67 anni e tre mesi della vecchiaia e soli 20 anni di contributi).