Pensioni quota 100: subito 750 mila assegni in più e 250 mila contributi in meno. Poi pensioni più basse perché…

Pensioni quota 100: subito 750 mila assegni in più e 250 mila contributi in meno. Poi pensioni più basse perché...
Pensioni quota 100: subito 750 mila assegni in più e 250 mila contributi in meno. Poi pensioni più basse perché…

ROMA – Pensioni quota 100. E’ la riforma promessa da Salvini e Di Maio. E’ il grande smontaggio della legge Fornero. [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] E’ soprattutto quota 100 il ritorno delle pensioni di anzianità che la legge del 2011/2012 aveva messo in via di estinzione.

Pensione di anzianità, un paio di generazioni di italiani sono andate in pensione di anzianità. Non occorreva aspettare di compiere 60 anni o quel che fosse. Si poteva andare in pensione a 58, 57, magari anche 55 anni. Bastavano un certo numero di anni di contributi pagati, per lo più 35. Trentacinque anni di contributi (magari qualcuno figurativo o riscattato, insomma una trentina di anni di lavoro effettivo) e si andava in pensione. Trenta di lavoro effettivo, 35 di contributi, una cinquantina di età. Quella che vigeva, quella cara a due generazioni di italiani era di fatto quota 85.

Adesso va a diventare quota 100 (bisogna fare cento tra anni di età e anni di contributi sommati tra loro). Quota più alta ma la logica è la stessa: far rinascere la pensione di anzianità. Quella sganciata dall’età anagrafica. Di fatto in pensione a 64 anni di età (la legge attuale dice di fatto 67 di anni) con 36 di contributi. Ma come per la Fornero, una mare di eccezioni alla regola. Le eccezioni alla regola Fornero portavano finora la media di pensionamento effettivo in Italia a 63 anni circa (sconto di quattro che la realtà si prendeva sulla legge). Le eccezioni (di categoria, situazione, contratto, crisi aziendale, comparto…) a quota 100 porteranno se non ci saranno irrigidimenti legislativi (esclusi col governo che c’è) ad una media di pensionamento effettivo a 60/61 anni di età.

Bene, bravi, bis. Si va in pensione prima. Il che in concreto vuol dire 750 mila pensionati in più. Subito, domattina. Il domattina dell’approvazione di quota 100. Settecentocinquantamila pensionati in più subito, cioè settecentocinquantamila assegni pensionistici in più. E contemporaneamente, simmetricamente 500 mila contributi previdenziali in meno. Subito, domattina. Perché 250 mila contributi previdenziali in meno? Perché oggi (se non peggiora e demografia dice che senza dubbio peggiorerà) tre salari-stipendi in essere versano i soldi con cui si pagano tre pensioni in essere. Mantenendo le stesse proporzioni, per 750 mila salari che diventano pensioni, 500 mila e non di più saranno, se saranno, i nuovi assunti e quindi i nuovi salari.

Quota 100, quindi festa: subito 750 mila pensionati in più, gente che fa felicemente in pensione prima. Ma meno contributi per pagare le pensioni. E quindi poi, pian piano ma neanche tanto piano, pensioni più basse. Perché…perché dividi e dividi e dividi ricchezza…diventa povertà. Il vecchio e saggio e non confutabile adagio napoletano rende alla perfezione l’evoluzione del sistema previdenziale da quota 100 in poi e dalla resurrezione festosa delle pensioni di anzianità. Attualmente le pensioni hanno una dimensione pari a circa l’83 per cento di un salario medio. Quindi tre salari medi pagano due pensioni impegnando in previdenza circa il 50 per cento del costo del lavoro. Ma se le pensioni aumentano di numero e i salari diminuiscono di numero, allora la percentuale di salario per pensione è destinata a crescere.

Oltre tanto però crescere non può: non si potrà mantenere valore pensione medio all’80 per cento del salario se per far questo andrebbe sequestrato a fini previdenziali l’80 per cento del costo del lavoro. Quindi o si costringono i prossimi lavoratori, i prossimi assunti, a pagare contributi pari fino a quattro quinti del loro stipendio (una rapina), oppure si abbassa il valore della pensione corrisposta. Lo si abbassa sotto l’attuale ottanta per cento.

Complicato? No, semplice: se c’ un chilo di pasta e a tavola sono in dieci, un etto per uno. Se a tavola in dodici e il chilo è diventato un chilo e cento grammi, la porzione a testa è novanta grammi e non più un etto. Quota cento e viva il ritorno della pensione di anzianità vuol dire festa per chi va in pensione domani e chi se ne fotte di chi ci va dopo domani. Che se la prenda lui la pensione più bassa, io intanto mi ficco in pensione. E i giovani, il dopo dopo domani? Chi se ne frega due volte, peggio per loro. Così è e non altrimenti. Tanto per capirci.

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