Pensioni sbagliate? Errori Inps? Ai pensionati 3 anni di tempo, non più 10, per fare ricorso

Pensioni sbagliate? Errori Inps? Ai pensionati 3 anni di tempo, non più 10, per fare ricorso
Messaggio 4774 Inps del 19 maggio 2014

ROMA – Se l’INPS sbaglia i calcoli e paga una pensione minore di quanto dovuto, i pensionati hanno tre anni di tempo e non più 10 anni per accorgersene e fare ricorso. Dal 5 luglio 2014 solo chi ha fatto già ricorso contro gli errori dell’Inps potrà vedersi riconosciuto il diritto a prendere di pensione quanto effettivamente gli spetta. Chi prende la pensione (errata) da più di tre anni non potrà più rivalersi, dovrà tenersela sbagliata per tutta la vita. Chi la prende da meno di tre anni dovrà affrettarsi.

Si trova tutto nel messaggio Inps 4774  del 19 maggio 2014, che riprende quanto stabilito dalla legge 111 del 2011 (scarica e leggi il testo integrale in formato PDF): ovvero il termine di “decadenza triennale per il diritto dei pensionato a ricorrere in giudizio contro gli errori dell’Istituto di Previdenza Nazionale”. Termine di decadenza che fino ad ora era di dieci anni.

Isidoro Trovato sul Corriere della Sera cita i calcoli della Fondazione studi dei Consulenti del lavoro: a prendere una pensione con errori di calcolo, e quindi minore di quanto spettante, sono il 38% dei pensionati, vale a dire più di 7 milioni di italiani.

Gli errori dell’Inps costano ai pensionati 30 euro al mese di assegno in meno, e con questo auto-condono l’Ente di Previdenza risparmierebbe circa 3 miliardi di euro, se a non poter fare ricorso fossero tutti quei 7 milioni di pensionati.

Scrive Isidoro Trovato:

La norma non contiene un regime transitorio e dunque si applica anche agli errori commessi prima dell’entrata in vigore della legge 211/2011 decreto 98 e quindi anche prima del 6 luglio 2011. Ma quali sono le «sviste» di calcolo più frequenti che si riscontrano nel cedolino dei pensionati? Si va dai lavoratori vicini alla pensione che sono stati licenziati ed inseriti nelle liste di mobilità, per poi passare ai casi di erroneo accredito della contribuzione come spesso capita in occasione di periodi di malattia, maternità, cassa integrazione; per finire agli errori di calcolo derivanti da erronea valutazione dei redditi dei pensionati nonché dalla non corretta applicazione della rivalutazione delle pensioni.

Attenzione però, dall’Inps fanno sapere che saranno tutelati da questa norma tutti coloro che hanno già presentato ricorso contro errori di calcolo. Dunque chi ha già avanzato ricorso all’Inps non corre rischi. Ma si tratta di migliaia di pensionati che hanno scovato (da soli o grazie all’assistenza di esperti) l’errore. E gli altri? Questo tipo di falle non sono di semplice individuazione perché l’unico depositario di tutti gli elementi di calcolo è lo stesso Istituto di previdenza che non ha obbligo di segnalare gli eventuali errori. Inoltre emergerebbe una strana sproporzione in questa vicenda: mentre per il pensionato tra qualche giorno entra in vigore un termine di tre anni per accorgersi dell’errore, l’Inps continua a conservare il più ampio termine di dieci anni per richiedere la restituzione delle somme riconosciute e non dovute al pensionato. Sulla questione però esiste una posizione «buonista» dell’Inps che nel giò citato messaggio numero 4774 ha precisato che la decadenza si applica solo alle nuove liquidazioni di pensione a decorrere dal 6 luglio 2011 e non anche agli errori arretrati. Questo perché, in caso di ricorso e di controversia, la decadenza anche degli errori accumulati in passato la rileva il giudice d’ufficio indipendentemente dalla buona volontà delle parti. A tutto ciò si aggiunge, fanno sapere dall’Istituto nazionale di previdenza, la «totale disponibilità a rivedere eventuali errori di calcolo, indipendentemente dalla scadenza indicata dalla legge». Fatta salva la fiducia nella disponibilità al dialogo da parte dell’Inps, resta la sensazione che la vicenda sia di grandi proporzioni e dai confini normativi tutt’altro che definiti.

 

Per completezza d’informazione, questo è il testo integrale del messaggio 4774 Inps del 19 maggio 2014 (leggi e scarica il PDF):

Messaggio n. 4774
OGGETTO:
Sentenza della Corte Costituzionale 2 aprile 2014, n. 69. Dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’articolo 38, comma 4, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dall’articolo 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n.111. Termine di decadenza della domanda giudiziale volta ad ottenere l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello spettante.

La sentenza della Corte costituzionale 2 aprile 2014, n. 69 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.38, comma 4, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dall’articolo 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n.111 nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui al comma 1, lettera d), si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata di entrata in vigore del citato decreto (6 luglio 2011).

La suddetta lettera d) del comma 1 dell’articolo 38, che la disposizione dichiarata incostituzionale rendeva “parzialmente retroattiva”, ha modificato l’articolo 47 del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 aggiungendo un ultimo comma che così recita: “Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”.

Per effetto della nuova disposizione, la decadenza prevista dal richiamato art. 47 del D.P.R. n. 639/1970 trova applicazione non solo nei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere il riconoscimento del diritto alla prestazione pensionistica, ma anche nei casi in cui essa sia indirizzata a conseguire l’adeguamento della prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello spettante.

Nel far riserva di ulteriori istruzioni in ordine ai criteri applicativi cui far riferimento per le diverse fattispecie di ricostituzione e/o riliquidazione, si precisa l’ambito di applicazione ratione temporis della richiamata disposizione alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 69/2014.

Dalla declaratoria di incostituzionalità del sopra citato articolo 38, si evince che le disposizioni in materia di decadenza di cui all’ultimo comma dell’articolo 47 del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 trovano applicazione esclusivamente per le prestazioni pensionistiche riconosciute solo dal 6 luglio 2011.

La data di riferimento del riconoscimento parziale, da cui far decorrere il termine decadenziale, deve essere considerata quella della ricezione, da parte dell’interessato, del provvedimento di liquidazione del trattamento pensionistico o, laddove questa non sia disponibile, quella di riscossione del primo rateo che corrisponde a quella indicata nel database delle pensioni e accessibile dalla procedura AGENDA1 e AGENDA2.

L’informazione è reperibile anche nel GP8MD80, ed in particolare nei campi di seguito evidenziati:

80(02) CNATMOV=P CMODPAG=L CABIPAG=07601 CCABPAG=0007075

80(02) IBAN.=IT00 076010007075000031619032 BIC.=BPPIITRRXXX

80(02) CNCCPAG=000031619032 CSOGPAG= DPAG=01.08.2012 CNPAG=

Se pertanto dalla rendicontazione (campo CNATMOV) restituita dall’Ente pagatore la rata risulta effettivamente pagata (= valore P), la data di pagamento da prendere in considerazione è quella memorizzata nel campo DPAG.

Per la gestione dello spettacolo e degli sportivi professionisti, ove non sia disponibile la data di ricezione, da parte dell’interessato, del provvedimento di liquidazione del trattamento pensionistico, la data di riscossione del primo rateo, da cui far decorrere il termine decadenziale, corrisponde a quella indicata nel database delle pensioni (cedolino in stato “18” – emesso) e accessibile dalla procedura sul sistema SIA ex Enpals – Area APPLICAZIONE NORMATIVE E LIQUIDAZIONE PENSIONI – Liquidazione Pensioni – Punto 13 – Lista cedolini – Consultazione cedolini.

Per quanto riguarda la gestione pubblica, attesa la eterogeneità delle norme che disciplinano l’esercizio dell’azione giudiziaria in materia di pensioni a totale o parziale carico dello Stato, con riserva di giurisdizione esclusiva a favore della Corte dei conti, nulla viene variato in relazione al regime di decadenze attualmente vigente, che pertanto non viene inciso dalla pronuncia della Corte costituzionale di cui si discorre.

Le Sedi territoriali avranno cura di riesaminare d’ufficio le istanze di riliquidazione o ricostituzione dei trattamenti pensionistici eventualmente respinte applicando criteri interpretativi difformi da quelli sopra enunciati.

Si coglie l’occasione per far presente che è di imminente pubblicazione il messaggio con il quale verranno forniti chiarimenti in ordine alla modalità di ricostituzione d’ufficio delle pensioni interessate dalla rivalutazione della retribuzione pensionabile relativa ai periodi di mobilità.

Il Direttore Generale
Nori

 

http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2FMessaggi%2FMessaggio%20numero%204774%20del%2019-05-2014.htm

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